MTM n°18
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 6 - Numero 3 - ott/dic 2007
Anestesia
 


Dott. Cesare Felici
Dott. Cesare Felici
Dirigente Medico Anestesista 1° livello presso Az.Osp.S.Giovanni Addolorata di Roma


Anno 6 - Numero 3
ott/dic 2007

 

Quanto siamo in grado, di prevenire ed affrontare tutti gli eventi avversi che possono verificarsi, mentre proteggiamo da un insulto chirurgico un essere già provato?




Quale anestesia per un paziente speciale?

del Dott. Cesare Felici

Perché il paziente diversamente abile è per l’anestesista un paziente speciale? Perché usa una comunicazione diversa e perché spesso è portatore di patologie ed anomalie anatomiche ad alto rischio anestesiologico. Possiamo affermare che è speciale in quanto richiede un interlocutore speciale. Come può esserlo l’anestesista? Deve essere in possesso di grande esperienza e competenza tecnica, inoltre deve avere sensibilità empatica.
Quando ci accingiamo a praticare un’anestesia a tale paziente, ci troviamo di fronte a noi stessi. Quanto siamo in grado, di prevenire ed affrontare tutti gli eventi avversi che possono verificarsi, mentre proteggiamo da un insulto chirurgico un essere già provato? Quanto siamo in grado di guardare in faccia la nostra parte più fragile ed indifesa per accoglierla, integrarla e guidarla? L’empatia, ecco la grande possibilità di crescita personale. Non a caso questa parola origina dalla volontà di definire una capacità creativa dell’essere umano. Traduzione del tedesco EINFÜHLUNG, il filosofo Theodore Lipps l’applicò in ambito estetico per indicare la relazione che lega l’artista ed il fruitore che proietta se stesso nell’opera d’arte. Attualmente, in ambito cognitivo è intesa come capacità di percepire, immaginare ed avere comprensione diretta degli stati mentali e dei comportamenti altrui. In sostanza l’empatia tende all’ottimizzazione dell’interazione tra individui. Ma andrei oltre, tende all’ottimizzazione dell’interazione tra le varie forze che interagiscono all’interno del mondo interiore del singolo individuo. Per questo praticare un’anestesia ad un paziente diversamente abile rappresenta una grande occasione di consapevolezza, significa avventurarsi nel proprio animo, contattare paure, diversità, inadeguatezza, forza, accedere a risorse inesplorate ed alla ricchezza di strade parallele.
Tali riflessioni aprono dei quesiti:
Siamo formati alla comunicazione?
L’ambiente e le organizzazioni del lavoro la favoriscono?
Negli ospedali esistono luoghi pensati a questo scopo?
Il trend della sanità va oltre il modello di un paziente-cliente in un contesto anonimo?
Ci sono volontà e mezzi per introdurre ed incrementare approcci cosiddetti non convenzionali (gelotologia, arteterapia, chiroterapia, ipnosi, shiatsu, etc) utili ad un evento chirurgico meno traumatizzante?