La sindrome della bocca che brucia Una patologia emergente con localizzazione orale
di S. Gandulfo e M. Pentenero
La Sindrome della Bocca che Brucia [BMS dall’inglese
Burning Mouth Syndrome] è un
quadro clinico-sintomatologico caratterizzato
da una sensazione di bruciore
spontaneo alle mucose della bocca [soprattutto
lingua e palato] ed alle labbra le
quali presentano all’ispezione un aspetto
normale. È relativamente frequente e colpisce
soprattutto il sesso femminile durante
e dopo la menopausa.
I pazienti descrivono una notevole varietà
di sintomi; l’ordine di frequenza: «bruciore
», «scottatura», «formicolio», «puntura o
punzecchiatura» «pizzicore», «prurito»,
talvolta lamentano «dolori atroci», «tormento
insopportabile» o «gonfiore enorme
» e, benché il paziente descriva sovente
questo suo stato come «intollerabile», raramente
la malattia rende fisicamente
inabili.
I sintomi si localizzano in modo caratteristico.
I 2/3 anteriori della lingua mobile sono
la sede più frequentemente colpita:
quando questo organo è interessato il
bruciore si localizza sempre alla punta ed ai
bordi e, di solito, anche al dorso. La seconda
sede colpita è, in ordine di frequenza, il
palato duro, fanno seguito le labbra e le
creste alveolari edentule [particolarmente
in pazienti con protesi] e le gengive. Meno
frequente ma comunque segnalato è il
coinvolgimento delle mucose geniene, del
pavimento orale e dell’orofaringe considerato
comunque inusuale ed atipico.
Il bruciore orale può essere associato con
altri sintomi, tra i più frequenti vi è la xerostomia,
che risulta essere il sintomo più frequentemente
associato [nel 40-50% dei casi],
la saliva viene descritta come «vischiosa
» «spessa» o «colla che impasta i denti».
Va ricordato che per xerostomia si intende
unicamente un sintomo, pertanto il paziente
lamenta la sensazione di «bocca
asciutta» a fronte però di un flusso salivare
normale. Seguono nell’ordine la disgeusia
[sapore acido, metallico o amaro in circa
il 30% dei casi], la riduzione dell’olfatto,
la disfagia [queste ultime sono associazioni
rare]. L’eziopatogenesi della patologia è
a tutt’oggi non del tutto chiara, anche se la
comunità scientifica si indirizza essenzialmente
verso l’origine psichiatrica o in alternativa
neuropatica della malattia. Per
quanto riguarda i fattori psicogeni, in soggetti
con BMS vi è una alta prevalenza di
malattie psichiatriche e disordini mentali;
l’esame della letteratura permette di affermare
che in più del 50% dei casi la BMS è
associata a disturbi della personalità e a depressione,
ansia cronica, ipocondria e
cancerofobia. Uno studio italiano controllato
ha evidenziato un disturbo psichiatrico
nel 71.6% dei pazienti esaminati: una
percentuale significativamente superiore
al gruppo di controllo. Il valore di questa ricerca
è stato l’applicazione dei criteri diagnostici
secondo il DSM-IV particolarmente
indicato per il rilievo di patologie
psichiatriche associate. Per contro, a favore
della teoria neuropatica, alcuni studi dimostrano
possibili alterazioni neuropatiche
di tipo periferico: è stata osservata in
pazienti BMS una minore densità e degenerazione
assonale di terminazioni nervose
in biopsie dei 2/3 anteriori della lingua
rispetto ai controlli. Questo studio suggerisce
una possibile neuropatia trigeminale
delle piccole terminazioni nervose correlabile
alla BMS.
In letteratura sono descritte varie opzioni
terapeutiche, ma solo in rari casi convalidate
da studi clinici. La terapia cognitivocomportamentale
può essere svolta in poche
sedute, di breve durata, e mira a modificare
la cognizione, il vissuto dei problemi
riferiti dai pazienti. Lo scopo principale,
dunque, è quello di identificare e modificare
le visioni ed i pensieri distorti o non
realistici, in modo da cambiare secondariamente
le emozioni ed il comportamento.
Un piccolo studio randomizzato ha mostrato
che questo approccio terapeutico riduce
l'intensità dei sintomi in modo significativo
e tale risultato è mantenuto a distanza
di diversi mesi nel periodo del follow-
up. Inoltre, sempre sulla base di un’origine
psichiatrica della patologia, alcuni
studi dimostrano l’efficacia di benzodiazepine
e clonazepam per os, clonazepam
topico, stabilizzatori del tono dell’umore e
antipsicotici. Tra questi è stata segnalata
come particolarmente significativa l’azione
dell’amisulpride.
Per contro, ipotizzando un’origine neuropatica,
è stato suggerito l’utilizzo dell'acido
alfa-Lipoico [Acido Tiottico], un potente
antiossidante endogeno che svolge un'azione
citoprotettiva estremamente efficace
contro i radicali liberi e di cui vi è un documentato
utilizzo in disturbi connessi a
neuropatie periferiche. In un nostro recente
studio randomizzato e in doppio cieco
non si sono però osservati risultati diversi
tra i gruppi che assumevano acido alfa
lipoico e il gruppo placebo. Inoltre è interessante
osservare che circa il 30% dei pazienti
è andato incontro a remissione dei
sintomi assumendo il placebo e questo sarebbe
in accordo con un’origine somatoforme
del disturbo.
Da un punto di vista odontoiatrico, non è
dimostrato che le protesi rimovibili inadeguate,
quando presenti, siano la causa della
BMS. Certamente in questi pazienti vi è
una complessa interazione tra fattori psicogeni
e protesi inadeguate. Quindi, se necessario,
le protesi devono essere rifatte curando
particolarmente la dimensione verticale,
lo spazio per i movimenti della lingua
e le basi protesiche che devono essere
adeguate ed assicurare la migliore distribuzione
possibile dei carichi masticatori;
questo rifacimento deve essere integrato
dall’apporto indispensabile di altri specialisti
perché questa terapia non è sufficiente
da sola. Nella gestione di un paziente con
probabile BMS è sempre opportuna una
valutazione stomatologica al fine di verificare
l’effettiva assenza di patologie del cavo
orale che possano essere la causa del disturbo
lamentato [Fig.1]. Quindi, raggiunta
la diagnosi,qualunque sia l’atteggiamento
terapeutico prescelto è di estrema
importanza l’approccio psicologico al paziente,
poiché è evidente il bisogno di questi
soggetti di trovarsi circondati da attenzione
e di essere capiti.
LE SEI REGOLE DI COMPORTAMENTO
IN TEMA DI SOSPETTA SINDROME DELLA BOCCA CHE BRUCIA |
- ascoltare lungamente la storia clinica del paziente , in qualità di interlocutori attenti
ed interessati, anche quando essa è complicata da particolari di nessuna rilevanza.
- capire quali sono le parti della bocca che il paziente individua come responsabili
del problema e spiegare lungamente e con precisione che si tratta di strutture anatomiche
normali [evitare i frettolosi giudizi del tipo lei non ha niente]
- escludere che il bruciore sia dovuto ad altra causa confondente eseguendo la diagnosi
differenziale con una corretta anamnesi medica ed odontoiatrica, una accurata
visita alle mucose orali, controllando i valori di emoglobina, eritrociti, ferritina,
folati, vit B12 e glicemia e, nei casi di sospetta ipersensibilità ai materiali dentari,
richiedendo i relativi test epicutanei
- rassicurare il paziente sulla innocuità dei sintomi, la cancerofobia è frequente in
questi casi e quindi l’argomento va affrontato [ripetere le rassicurazioni nel corso
delle successive visite]
- è importante che il paziente sappia che non è il solo a soffrire di questa malattia,
per questo motivo è utile mostrare un libro o un articolo sulla SBB.
- quando si è ragionevolmente certi della diagnosi deve essere richiesta una consulenza
psichiatrica per valutare la necessità di una terapia antidepressiva
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CONTATTI
Prof. Sergio Gandolfo
Direttore della Struttura Complessa
a Direzione Universitaria
di Odontostomatologia
Azienda Sanitaria Ospedaliero
Universitaria San Luigi Gonzaga
Regione Gonzole, 10 - 10143 Orbassano [TO]
Tel. 011-9026447
E-mail: sergio.gandolfo@unito.it
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