PAZIENTI DISABILI NON COLLABORANTI Proposta di raccomandazioni cliniche in odontoiatria speciale
di M. GIANNATEMPO Coordinatore, Cenacolo Odontostomatologico Italiano-Associazione Italiana di Odontoiatria Generale [COI-AIOG]
E. RAIMONDO Società Italiana di Odontostomatologia per l'Handicap [SIOH]
R. ROZZA Società Italiana di Odontostomatologia per l'Handicap [SIOH]
E. GUIDETTI Coordinatore, Cenacolo Odontostomatologico Italiano-Associazione Italiana di Odontoiatria Generale [COI-AIOG]
C. TANZI Cenacolo Odontostomatologico Italiano-Associazione Italiana di Odontoiatria Generale [COI-AIOG]
1-PREMESSA
La diagnosi del paziente disabile presenta
particolari difficoltà data l’impossibilità di
raccogliere dati anamnestici in modo diretto
e dato che l’esame obiettivo deve essere
eseguito in sedazione profonda o narcosi.
Il trattamento odontostomatologico del disabile
non collaborante richiede molto spesso
l’utilizzo di anestesia generale e/o sedazione
profonda, da eseguirsi in ambiente
ospedaliero dotato di una sala operatoria opportunamente
attrezzata e di un team specializzato.
L’Odontoiatria Speciale [Special Care Dentistry]
è la disciplina che si occupa di soggetti
con particolari esigenze: persone con disabilità
intellettiva, persone affette da malattie
che ne riducono la mobilità o la collaborazione,
persone anziane con patologie croniche
invalidanti, persone con malattie che
rendono il trattamento odontoiatrico critico,
persone socialmente svantaggiate.
Scopo dell’Odontoiatria Speciale è di consentire
a tale tipologia di paziente di essere
curato in maniera paragonabile per efficacia
al resto della popolazione, raccogliendo le
informazioni necessarie per attuare strategie
terapeutiche, tali da effettuare un piano di
trattamento normale nonostante la scarsa
collaborazione.
Considerate le difficoltà di trattamento del
paziente disabile, grande importanza deve
essere attribuita alla prevenzione delle malattie
odontostomatologiche.
Nei soggetti disabili, in letteratura, sono riportati
standard di igiene orale e di controllo
della placca decisamente bassi. Le scarse
abilità motorie, il disallineamento dentale, la
mancanza di detersione e il ristagno di placca
può condurre a un aumento dei depositi
di placca e tartaro; inoltre laddove sia presente
un quadro di respirazione orale vi è anche
una riduzione della funzione protettiva
della saliva su denti e gengive.
È ormai noto che lo spazzolamento dentale
è essenziale per rimuovere la placca e i depositi
di cibo e mantenere la salute delle gengive
e del parodonto. La tecnica è meno importante
rispetto all’efficacia raggiunta nella
rimozione della placca. Il supporto dei genitori
o dei caregiver [persona responsabile
per la cura di un soggetto non autonomo o
disabile] nello spazzolamento può essere richiesto
per tutta la durata della vita. Il dentista
o l’igienista dentale possono essere figure
utili nel comprendere quale può essere
il miglior movimento per la rimozione della
placca, secondo il soggetto e quindi individualizzare
le manovre di igiene orale; inoltre,
il team dentale deve essere in grado di ascoltare
e comprendere le difficoltà contratte dai
genitori o dai caregiver nell’effettuare le manovre
di igiene orale proposte.
Un elevato numero di studi ha indicato che
le persone con disabilità intellettive hanno
più placca sui loro denti e sulle loro gengive
rispetto alla popolazione generale. C’è una
crescita evidente con l’aumentare degli anni
e una situazione di salute parodontale
bassa e già riscontrabile in età adolescenziale.
Ricordiamo inoltre come i soggetti con
sindrome di Down siano suscettibili a forme
aggressive di malattia parodontale, dovute a
un quadro di immunodeficienza con perdite
di osso e tasche parodontali profonde.
Il processo di miglioramento delle manovre
di igiene orale dei soggetti con disabilità intellettiva
non richiede solo la presenza dell’individuo,
ma anche quella delle persone
che si occupano di lui e dell’igiene della sua
persona. Un soggetto disabile che soffre di
dolori orali è spesso incapace di esprimere a
parole il proprio problema, ma può manifestare
un cambio di comportamento che può
includere diversi atteggiamenti: ad esempio,
perdita di appetito, scarsa voglia a partecipare
ad attività di routine, sonno disturbato,
irritabilità, forme di autolesionismo... È importante
che le persone più vicine al soggetto
con disabilità siano in grado di individuare
questi cambiamenti e allertare i professionisti
della salute e, quindi, anche il dentista.
Spesso l’odontoiatra è coinvolto nella
diagnosi di queste alterazioni del comportamento
per individuare la possibile insorgenza,
legata a problemi del cavo orale.
2-PRIMA VISITA E STRATEGIE DI TRATTAMENTO
Oltre alla prima visita classica, con la presenza
dei genitori/tutori del soggetto disabile,
in alcuni casi, una visita presso la residenza
o comunque presso l’ambiente abituale,
dove vive può essere utile alle famiglie
e fornisce al dentista più informazioni sui
possibili ostacoli alle cure. In un secondo
tempo, diventa necessario far conoscere al
soggetto disabile, la struttura dove sarà preso
in cura al fine di favorire e facilitare le cure
successive, sebbene va ricordato e sottolineato
come il processo di ambientamento
può essere molto lungo e richiedere numerose
visite.
I dati anamnestici, raccolti durante la prima
visita, dovranno comprendere, come sempre,
le informazioni essenziali ad inquadrare
lo stato di salute generale del paziente,
ma anche una serie di informazioni che
ci permettano di inquadrare lo stato di collaborazione:
• Patologie generali
• Controllo dei movimenti del capo
• Ispezione delle arcate dentarie
• Ispezione delle mucose
• Controllo della salivazione
• Possibilità di esecuzione di un’impronta
diagnostica
• Possibilità di eseguire indagini strumentali
Dopo la visita preliminare, il rilascio di un documento
scritto che attesti lo stato di salute
orale del soggetto, nonché un piano di trattamento
scritto, appare necessario per facilitare
la comunicazione tra lo staff odontoiatrico,
la famiglia ed eventualmente, tutte le figure
coinvolte nell’attuazione del piano di prevenzione
e cura del cavo orale del soggetto.
3-INFORMAZIONE E CONSENSO ALL’ATTO MEDICO
Il presupposto fondamentale di ogni trattamento
sanitario è rappresentato dal consenso,
liberamente espresso dal paziente,
fondato sull’informazione relativa a tutti gli
aspetti del trattamento per il quale si chiede
il consenso.
L’informazione deve accuratamente riguardare
anche, o forse soprattutto, tutti gli
aspetti negativi e le eventuali alternative del
trattamento stesso quali:
• Prognosi delle prestazioni infausta nel medio/
lungo termine
• Impossibilità di raggiungimento di buoni
standard qualitativi
• Mancanza di dati di riferimento basati su
ampie casistiche
• Necessità di contenzione del paziente
• Aumento del rischio di complicanze di tipo
medico
• Difficoltà nel precisare il piano di trattamento
in fase preoperatoria
L’operatore deve conoscere molto bene la
normativa legata ai casi di restrizione della
capacità di intendere e volere che si esplica
con i provvedimenti dell’interdizione, dell’inabilitazione
e con la figura dell’amministratore
di sostegno. Ciò ai fini di individuare
correttamente l’avente diritto a consentire
che sarà il soggetto ultimo che dovrà dare
in consenso alle cure.
È essenziale quindi che l’operatore pretenda
di stabilire un canale preferenziale di comunicazione
direttamente con chi detiene la
potestà nei confronti del soggetto da sottoporre
al trattamento, qualora questi non sia
in grado autonomamente di disporre di se, in
modo da superare tutti gli aspetti formali, ed
anche sostanziali, legati all’espletamento di
un trattamento odontoiatrico.
Può capitare che l’operatore disponga del
consenso al trattamento dei familiari e/o del
tutore, che richiedono il trattamento, ma si
trovi di fronte al diniego del consenso, spesso
per motivi di ansia e/o fobia, da parte del
soggetto interessato.
Contrariamente a quanto può apparire di
primo acchito la soluzione non è affatto
semplice poiché secondo la disciplina medico
legale “ il consenso verso un trattamento
sanitario concerne l’esercizio di un
diritto personale, il soggetto interessato è l’unico
capace di prestare il proprio consenso.
Nell’eventuale conflitto con chi è investito di
potestà nei suoi confronti non può che prevalere
la volontà dell’interessato” [Caferra].
È evidente quindi, in virtù di quest’aspetto
che qualora ci si trovasse nella situazione clinica
sopra descritta con un soggetto sopra i
14 anni di età, non assoggettato ad un provvedimento
di interdizione, ed in condizioni
di ritardo mentale lieve o moderate e comunque
non sufficiente per poter parlare di
incapacità di intendere e di volere non si potrebbe
procedere con il trattamento pur se
ritenuto necessario ed improrogabile.
Purtroppo la legislazione non aiuta poiché
anche la procedura del Trattamento Sanitario
Obbligatorio non può venire invocata
perché riservata a trattamenti di tipo psichiatrico.
L’unica strada percorribile è quella
di tentare il convincimento del paziente
con tutta la pazienza ed il “savoir fare” possibili
ed immaginabili sia da parte dell’operatore
che dell’entourage del paziente, fino
a far esprimere un consenso autonomo.
Dato che l’intervento sul paziente disabile
può richiedere frequentemente la sedazione
profonda o la narcosi, si raccomanda di eseguire
ad ogni seduta, comunque, tutte le prestazioni
mirate alla prevenzione [igiene orale,
sigillature dei solchi, ecc.].
Il piano di trattamento odontoiatrico dovrebbe
essere fornito usando la stessa identica
filosofia e gli stessi principi che si usano
per il resto della popolazione; la complessità
del trattamento erogato può essere influenzata
dalla severità della disabilità stessa. Gli
studi riportano inoltre, come già detto, uno
scarso quadro di salute parodontale associato
con un basso grado di igiene orale che
influiscono direttamente sulla prognosi del
trattamento. È principio universalmente riconosciuto
che nello sviluppo di un piano di
trattamento realistico sia necessario tener
conto del grado di igiene orale e del grado di
salute parodontale.
La frequenza dell’intervento professionale
dello staff odontoiatrico dipende fondamentalmente
dalle necessità dell’individuo:
essa potrebbe variare dai controlli annuali
per i soggetti edentuli, fino ad interventi
settimanali dell’igienista dentale per
coloro che non riescono a realizzare efficacemente
le manovre di igiene orale. Ricordiamo,
come il limite della sedazione o dell’anestesia
generale possano influire sulla
frequenza dell’intervento dello staff odontoiatrico.
In rari casi, una frequenza ravvicinata
dell’accesso alla struttura odontoiatrica
può consentire una famigliarizzazione del
soggetto ed evitare interventi più invasivi come
l’anestesia generale. In ogni caso, appare
sempre necessaria la realizzazione di un
percorso comune e condiviso con la famiglia
o con la struttura di riferimento del soggetto
in cura, così come un approccio multidisciplinare
andrebbe sempre ricordato. Sottolineiamo
anche come le necessità della famiglia, ad esempio, possano non coincidere
con le reali esigenze dell’individuo stesso
e con una difficoltà a sopportare interventi
complessi [ad esempio, legati al confezionamento
di protesi fisse o rimovibili]. La collaborazione
e la comunicazione diventano
elementi cruciali nello stendere un piano di
trattamento efficace e individualizzato.
Pur sapendo che in generale, i soggetti disabili
presentano condizioni orali più scadenti
rispetto alla restante popolazione, è necessario
ricordare che i soggetti adulti con disabilità
intellettiva non dovrebbero essere
considerati come un gruppo omogeneo. Coloro
che presentano un ritardo mentale lieve,
più probabilmente, presenteranno anche
un maggior numero di terapie conservative
di buon livello, un ridotto grado di edentulia
e un minor numero di carie non trattate rispetto
ai soggetti adulti disabili gravi. Il livello
delle cure presenti appare spesso in relazione
alla capacità del soggetto di comprendere
o cooperare, poiché un significativo numero
di soggetti adulti richiede trattamenti
sotto anestesia generale.
Un minor numero di riabilitazione protesiche
è presente nei soggetti con ritardo mentale
a fronte di un più alto livello di estrazioni.
Comunque, anche in quei casi in cui vengono
confezionate protesi, soprattutto rimovibili,
c’è una maggiore prevalenza di patologie
indotte dalla protesi stessa, dovute a
una scadente igiene della protesi e a una cattiva
gestione della stessa.
4-FOLLOW UP
Una volta concluso il piano di trattamento, il
paziente dovrà entrare in un programma di
follow up così costituito:
• Sedute di igiene professionale in ambulatorio,
manuale o mediante strumenti ad
ultrasuoni, con un igienista o un odontoiatra,
a tempi variabili in correlazione allo
status odontoiatrico e al grado di igiene
domiciliare raggiunto.
• Almeno due incontri l’anno tra famiglie/
tutori dei pazienti, e igienista per dibattiti
di 30 minuti nei quali saranno spiegate
procedure di igiene domiciliare e importanza
di una corretta fluorizzazione.
• Incontri tra famiglie/tutori dei pazienti e
nutrizionista, nei quali saranno presi in
esame programmi di igiene alimentare
specifici, per il paziente in questione
[considerando anche eventuali integratori
alimentari o farmaci contenenti zuccheri].
5-PROMOZIONE E EDUCAZIONE
ALLA SALUTE ORALE
La promozione e l’educazione nella cura della
salute orale, basate su un rapporto "uno a
uno", risultano essere efficaci. Nei soggetti
con disabilità intellettiva lieve o media, questo
può ritenersi appropriato e l’utilizzo della
figura dell’igienista dentale può risultare
utile nell’attuazione di questa strategia preventiva.
Tutte le figure che si occupano della
salute orale dei soggetti disabili dovrebbero
ricevere formazione e supporto riguardo
a queste tematiche.
6-FACILITAZIONE DI ACCESSO ALLE STRUTTURE
Corrette politiche sanitarie dovrebbero garantire,
a fini preventivi, ragionevoli tempi di
accesso alle strutture, in cui è possibile effettuare
con sicurezza sedazione, anestesia
generale e ricovero post-intervento. Allo
stesso modo, è necessario garantire dei percorsi
facilitati di invio e di prenotazione verso
tali strutture, considerando anche il fatto
che tali soggetti non sono in grado di accedere
in maniera autonoma alle strutture di
prevenzione e cura. Anche questi concetti
appaiono fondamentali al fine di ridurre la
discriminazione dei soggetti con disabilità.
7-CHIRURGIA ORALE
Qualsiasi atto chirurgico, sia di ordine estrattivo
sia di altra natura, seguirà generalmente
le linee guida attualmente in uso per tale pratica.
Data la non infrequente molteplicità di
interventi che la seduta in narcosi o sedazione
profonda comporta, si raccomanda di effettuare
tutti gli interventi chirurgici al termine
della seduta stessa, onde evitare che il sanguinamento
ostacoli il proseguimento delle
successive manovre terapeutiche. Si raccomanda
di suturare con filo riassorbibile.
8-TRATTAMENTO CONSERVATIVO
Il trattamento del disabile non si differenzia
generalmente da quello effettuato nella
normalità. Le linee guida pertanto non presentano
sostanziali variazioni.
Sono tuttavia da privilegiare tecniche operative
che prevedano il completamento della
terapia in una sola seduta.
Del pari il tipo di approccio utilizzato sul paziente
influirà anche sulle scelte terapeutiche,
è, infatti, intuibile come possa ritenersi
“corretto” correre il rischio di perdere un’otturazione,
o genericamente una prestazione
a breve scadenza in un paziente che può essere
trattato con approccio ambulatoriale,
viceversa lo stesso rischio rappresenta assolutamente
un lusso inconcedibile qualora
sia necessario ricorrere alla narcosi.
Anche la scelta dei materiali da utilizzare dovrà
necessariamente tenere conto delle possibilità
che ci sono riservate per poter avvicinare
il nostro trattamento a quello standard,
infatti, ad esempio il controllo dell’umidità
[uso della diga], che rappresenta un
fattore critico nell’utilizzo dei compositi, può
costituire un problema insormontabile con
alcuni pazienti, mentre altri non mostrano
alcuna limitazione all’operatività in tale
senso, va da se che con questi ultimi potranno
essere utilizzati materiali convenzionali,
mentre con i primi si dovrà orientare la scelta
su materiali forse meno nuovi, o esteticamente
meno validi, ma che mostrano una
sensibilità minore verso l’umidità, tutto ciò
dovrà essere oggetto di informazione al paziente
e all’avente diritto a consentire per
l’ottenimento di un consenso valido.
9-TRATTAMENTO ENDODONTICO
Il trattamento endodontico del paziente disabile
richiede metodiche che prevedano il
completamento della terapia in una sola seduta.
10-TRATTAMENTO PARODONTALE
Dato che il paziente non è collaborante, il
trattamento parodontale di elezione è quello
non chirurgico [detartrasi e levigatura di
radici a cielo coperto], da eseguire in un’unica
seduta in narcosi o in sedazione profonda.
L’utilizzo di metodiche di tipo chirurgico va
attentamente valutato, caso per caso, poiché
la rimozione dell’impacco chirurgico e successivi
controlli non sempre sono praticabili
e per di più, non essendo il più delle volte
possibile un adeguato controllo di placca, la
terapia effettuata potrebbe non portare ai risultati
auspicati. Il trattamento parodontale, oltre a realizzare il più possibile il suo obiettivo
rappresentato da un controllo dei fattori
irritanti locali, quali placca e tartaro mediante
le pratiche convenzionali, dovrà necessariamente
trovare il modo di inserire i
pazienti in programmi di richiamo periodico
per ablazioni e/o levigature con periodicità
variabili ed individualizzabili a seconda
dei casi, in alcuni si può arrivare anche a programmare
un’ablazione del tartaro ogni 2/3
mesi sia per l’impossibilità di mantenimento
di una corretta igiene orale domiciliare, sia
per la scarsa collaborazione, la quale ci permette
di effettuare ad esempio solo sedute
molto brevi. In tali casi la reiterazione a breve
scadenza delle sedute di igiene permette
di effettuare sedute efficaci in poco tempo
grazie al minor accumulo di tartaro, la reiterazione
delle sedute poi funziona anche come
costituzione di un’abitudine che lentamente
rende eseguibili tali sedute anche in
casi estremamente difficili come ad esempio
i pazienti affetti da autismo.
L’eseguibilità degli interventi parodontali di
natura gengivale e/o muco gengivale dovrà
essere valutata caso per caso con attenzione
all’utilità per quel dato paziente che potrebbe
poi eventualmente non riuscire ad avere
un corretto mantenimento dell’igiene orale
domiciliare.
11-TRATTAMENTO ORTODONTICO
In alcuni rari casi si rende necessario un trattamento
ortodontico di semplice e breve
esecuzione da eseguirsi esclusivamente con
apparecchiature fisse e con un maggiore, per
quanto possibile, controllo dell’igiene orale.
In campo ortodontico si deve considerare
che la maggior parte dei pazienti con disabilità
intellettiva non è in grado di tollerare
apparecchiature di tipo mobile, d’altro canto
l’applicazione di ortodonzia fissa, che potrebbe
rappresentare l’opzione risolutiva, si
scontra con la necessità di operare con l’ausilio
della narcosi, rendendo di fatto completamente
improponibile l’ipotesi di un ricorso
ad una narcosi ogni 4 o 6 settimane, intervallo
medio tra i normali controlli.
In ogni caso pare corretto ed utile che il fattore
limitante per l’accesso del paziente alla
terapia ortodontica sia rappresentato dal livello
di igiene orale mantenuto, autonomamente
o mediante assistenza. È necessario,
infatti, che l’igiene sia valida per scongiurare
il pericolo di determinare danni con le apparecchiature
ortodontiche criterio questo
che attualmente pare anche sia l’unico che
possa essere seriamente considerato come
discriminante per ammettere o meno un paziente
da un programma ortodontico.
12-TRATTAMENTO PROTESICO
Il trattamento protesico dovrà fare attentamente
i conti con le discriminanti della collaborazione
e della capacità di gestione delle
protesi, poiché in alcuni casi è completamente
impossibile pensare di applicare
protesi mobili a causa dell’incapacità verso
una corretta applicazione e mantenimento
della protesi stessa da parte del paziente. Per
contro esistono numerosi casi, anche di disabilità
intellettiva grave, per i quali la protesi
mobile rappresenta il trattamento ideale.
Naturalmente, in termini generali, sono da
ritenersi preferibili protesi di tipo fisso, ma
anche in questo caso si dovrà valutare caso
per caso quali siano le reali capacità di mantenimento
igienico.
Si raccomanda di contenere il più possibile
il numero di sedute operative.
Un cenno particolare meritano le metodiche
implantari, infatti, se da un lato queste potrebbero
rappresentare una validissima alternativa
alle protesi mobili, dall’altro su
questi pazienti ci si scontra sempre con ostacoli
oggettivi, che a volte sono insormontabili,
e ci si riferisce sia al mantenimento igienico,
ma ancor più all’impossibilità in molti
casi di avere un adeguato e accurato supporto
di imaging radiodiagnostico [OPT,
TAC, Stratigrafie ecc.] che rappresenta una
tappa obbligatoria per poter assicurare un
adeguato standard di sicurezza nell’inserimento
dei corpi implantari.
Inoltre le manualità per il rilievo delle impronte
in campo implantare sono più complesse
e ciò, di fatto, può rappresentare un
ostacolo insormontabile sotto l’aspetto operativo
in casi di scarsa collaborazione.
13-TRATTAMENTO MEDIANTE
ANESTESIA GENERALE
La valutazione più importante che grava sull’operatore
è legata alla possibile durata nel
tempo delle prestazioni erogate, fattore anche
questo del tutto aleatorio e sovente non
stimabile, soprattutto quando si deve attuare
il trattamento mediante narcosi.
Ne risulta un forte aumento della componente
discrezionale del singolo operatore
nella pianificazione del trattamento; è evidente
che questo si traduce poi in un aumento
dell’opinabilità delle scelte operate
qualora per un qualsiasi motivo si dovesse ricostruire
a posteriori la correttezza di un trattamento
in sede medico legale.
Diventa quindi evidente l’importanza della
tenuta perfetta di tutta la documentazione
clinica proprio per permettere di ricostruire
l’iter terapeutico. Sarà quindi importantissimo
che l’operatore si abitui ad esplicitare sul
diario clinico i motivi per i quali ha deciso di
tenere una condotta piuttosto che un’altra
senza dare mai nulla per scontato poiché, infatti,
per i motivi sopra esposti ci si potrebbe
rendere conto d’improvviso che per altri
operatori le scelte operate potrebbero non
essere né scontate né corrette.
Il trattamento in narcosi diventa critico, nel
paziente non collaborante, quando mira a risolvere
situazioni cliniche di per sé certamente
non gravi al punto da giustificare i rischi
connessi con il trattamento, ma che se
non risolte comportano un andamento progressivo
con implicazioni negative ed invalidanti
per il soggetto affetto.
Tale fattispecie, a titolo esemplificativo, è
rappresentata da un soggetto totalmente
non collaborante che presenta solo un grossissimo
accumulo di tartaro.
È evidente che il soggetto non può essere
trattato se non con l’approccio della narcosi,
è comunque altrettanto evidente che il ricorso
alla camera operatoria, con i rischi ed
i costi che comporta appare totalmente
sproporzionato rispetto al problema presentato,
il quale peraltro se non affrontato
con tale approccio non può assolutamente
essere risolto. D’altro canto il non risolvere il
problema comporta un’evolutività tale da
implicare nel medio periodo una perdita di
elementi dentari tale da aumentare l’invalidità
del soggetto.
Queste situazioni devono passare un vaglio
accurato, mediante anche consulto anestesiologico
legato alla verifica dei pericoli cui
verrebbe esposto il soggetto qualora fosse
sottoposto alla procedura.
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