|
Il
Dott. Eugenio Raimondo
Direttore scientifico e
responsabile editoriale.
|
Guardando il cielo
di Eugenio Raimondo
direttore@mtmweb.it
File al supermercato, sponsor, pannelli
pubblicitari, mercificazione, occhiali da sole, un neo da togliere per
vederti più bella, televisioni che si rincorrono, utenti ubriachi,
false droghe incriminate, sentimenti soffocati, pianti fugaci, uomini
senza più una fede, uomini che credono, no-global.
Un uomo si buca mentre la pioggia batte forte sui vetri sporchi della
sua dimora, altri invece brindano una nascita, un uomo si masturba nel
bagno di una clinica mentre la sua donna aspetta il suo seme. Figli si
abbandonano nei cassonetti. Uomini che fingono di amare, donne che fingono
di godere. Funerali di Stato e morti in silenzio. La maratona di New York,
una bomba al cioccolato, una bomba senza cioccolato, una sala operatoria,
un albero spezzato dal vento, un fiore che sboccia, un aereo che decolla,
un bimbo che piange, un marinaio che riabbraccia i suoi cari. Un uomo
con la testa senza più un corpo, un altro con il corpo senza mai
la testa. A questa realtà l’uomo spesso sfugge: una pizza
con gli amici, una birra, una grappa. Momento ormai indispensabile di
aggregazione umana. Ma mai insieme guardiamo il cielo. Il cielo, ispiratore
degli antichi maestri. Azzurro infinito ma cangiante.
Non ci piace sognare, per non essere più malinconici. Restiamo
soli senza osare di più. La solitudine è il vero male che
dobbiamo sconfiggere. È il vero handicap dell’uomo. È
quell’handicap invisibile che si cela dietro un vestito nuovo, un
rapido amplesso, un’automobile veloce, una donna straniera, la sua
pelle candida e i suoi capelli morbidi. Un mendicante all’angolo
della strada mi guarda. «Perchè questa scelta», gli
chiedo? «Avevo un lavoro, ero stimato, ma mi sentivo solo»,
mi risponde. «Oggi non posseggo nulla, la mia casa è questo
robusto cartone, il mio corpo è stanco, il mio cibo misero non
è l’inutile, i miei panni sono l’indispensabile, ma
guardo il cielo e non mi sento più solo». «Le nostre
solitudini si devono confrontare», gli rispondo.Dobbiamo
crescere! E parlando del cielo anche per noi ci fu una pizza, una birra
e una grappa.
Il prezzo
che paghi per ogni tuo progetto tanto è più grande
quanto più esso è elevato. Quando trovi ostacoli,
muri invalicabili, strade incerte, occhi che non ti vedono, orecchie
che non ti ascoltano, ma credi che quello che dovrai fare è
giusto, non ti fermare mai, combatti, anche dedicandovi la vita
se necessario. Ciò che credi sia giusto però dovrà
essere valutato da persone di fede e di saggezza affinché
ciò in cui credi non sia solo l’influenza del tuo piacere,
il risultato di passate sofferenze. Cerca quindi sempre il confronto
e se otterrai risposte giuste e per te di conforto, allora non fermarti
mai, perché il mondo ha bisogno di uomini coraggiosi e forti.
Il prezzo che pagherai forse è alto, ma certamente il tuo
contributo lo è altrettanto. |
Lettere
al Direttore
L’importante
ruolo di coesione tra le istituzioni mediche e i medici stessi che MedicalTeamMagazine
intende ricoprire nel tempo, ottiene sempre più credito da parte
dei nostri lettori. Lettere al Direttore rappresenta una finestra sulle
vostre tante considerazioni relative alla nostra rivista, che ci aiutano
a comprendere come affinare le tecniche di diffusione in funzione delle
esigenze di una corretta informazione medica e sociale.
Gentile dott. Eugenio Raimondo,
ho letto la Vs. rivista per la prima volta proprio oggi.
Dire che sono rimasta colpita è sminuire, e comunque fortemente
colpita dall’articolo iniziale, che parla di Salvatore e della sua
stupenda gita all’Isola di Dino.
Oltre a ciò, mi sono resa conto che ci sono tantissime associazioni
che si occupano di volontariato, affrontando malattie per lo più
sconosciute.
Anch’io sono una volontaria.
Faccio parte dell’Unitalsi, con la quale svolgo incontri e viaggi,
soprattutto pellegrinaggi per malati diversamente abili; abbiamo in gestione
una “Casa famiglia” dove accogliamo i genitori dei bambini
ricoverati al Bambin Gesù, tutti i sabati o tutte le domeniche.
Inoltre, presto il mio aiuto presso la mensa Caritas di Ostia, dove in
genere ospitiamo 350 persone al giorno.
Ma come dice lei Dott. Raimondo «Non mi sento allenata abbastanza».
Ho bisogno “di dare di più” e cercherò di mettermi
in contatto con alcune di queste associazioni.
[Simonetta Capponi]
Gent.ma Simonetta,
sono compiaciuto che ancora oggi si riesce ad entrare nell’animo
delle persone al punto da invogliarle a testimoniare un’emozione
personale. È ciò che io ho sempre cercato nella vita privata
e professionale affinché la stessa non diventi routine ma ricerca,
anche se a volte uso dei mezzi provocatori.
Dott. Eugenio Raimondo
|