Radon,
killer
di Giancarlo Torri
Il
radon è un componente gassoso della nostra atmosfera. Viene
prodotto per decadimento radioattivo dal radio che a sua volta proviene
dall’uranio. L’uranio è presente fin dai tempi
della formazione della terra in concentrazioni diverse in tutti
i tipi di terreni e di rocce. Come elemento gassoso si libera dai
granuli di terreno e roccia e diffonde nell’atmosfera. In
aria aperta si diluisce rapidamente, ma nei luoghi chiusi [case,
scuole, uffici, ecc] si accumula e può raggiungere in alcuni
casi concentrazioni che sono ritenute pericolose per la salute.
Essendo anch’esso radioattivo produce a sua volta altri elementi
[detti anche figli del radon] che, inalati, si fissano all’interno
dell’apparato polmonare causando un irraggiamento dei tessuti.
In particolari circostanze e in funzione della concentrazione di
radon viene aumentata la probabilità di insorgenza di un
tumore polmonare. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
ha classificato il radon come agente cancerogeno fin dal 1988. Alla
esposizione al radon è attribuita la seconda causa di decessi
per tumore polmonare dopo il fumo.
In Italia il 5 -20% dei casi di tumore polmonare è attribuito
al radon.
Negli anni 70-90 molti paesi hanno condotto indagini per conoscere
l’entità del fenomeno. L’Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici [Apat] e l’Istituto
Superiore della Sanità [Iss] hanno condotto, in collaborazione
con tutte le regioni, un’indagine nazionale su un campione
rappresentativo di abitazioni. Tale indagine ha consentito una prima
valutazione del fenomeno: la concentrazione media italiana è
risultata di circa 70 Bq/m3 [Becquerel per metrocubo, unità
di misura della concentrazione di radon] con una situazione diversificata
da regione e regione. Campania, Friuli, Lazio e Lombardia sono le
regioni in cui, mediamente, la concentrazione è risultata
più elevata.
Il nodo centrale del problema è tuttavia l’individuazione
dei singoli edifici in cui la concentrazione di radon può
rappresentare un rischio eccessivo per gli occupanti e la loro eventuale
bonifica: è, infatti, possibile risanare un edificio, sono
centinaia di migliaia, nel mondo, gli edifici bonificati o costruiti
con criteri anti-radon. Ma quando un rischio radon diventa eccessivo?
A tale proposito si può far riferimento a dei livelli di
concentrazione, ma bisogna distinguere tra abitazioni e luoghi di
lavoro [in virtù del fatto che nelle abitazioni si trascorre
mediamente un tempo maggiore]. Per le abitazioni, in assenza di
una normativa nazionale, si può fare riferimento alla Raccomandazione
Europea 143/90 Euratom in cui sono riportati due distinti valori:
400 Bq/m3 per le abitazioni esistenti e 200 Bq/m3 per le abitazioni
da costruire, come parametro di progetto. Per i luoghi di lavoro
esiste, invece, una specifica normativa italiana, peraltro non ancora
completamente attuata, nella quale è fissato un primo livello
di intervento pari a 500 Bq/m3.
Molti paesi sono impegnati nell’individuazione delle aree
del proprio territorio in cui il fenomeno è più incisivo
in termini di numero di edifici con elevate concentrazioni di radon.
Tale operazione definita “mappatura”, è riconosciuta
quale utile strumento per la definizione di opportune strategie
di intervento, per concentrare energie e risorse con lo scopo di
cercare e identificare i singoli edifici soggetti ad elevate concentrazioni
di radon. In Italia, sugli ambienti di lavoro le regioni sono state
incaricate di eseguire queste mappature e molte di esse stanno già
operando, anche in assenza di specifiche indicazioni sulle modalità
di esecuzione delle indagini che dovevano essere prodotte proprio
dalla completa applicazione della normativa. I primi risultati cominciano
a essere prodotti.
Per saperne di più è possibile
rivolgersi alle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione
dell’Ambiente ARPA APPA. Inquinamento Indoor
http://www.apat.gov.it
Un problema
ancora sottovalutato
Con il Decreto Legislativo n.241/00, pubblicato
nell’agosto 2000, è stato introdotto l’obbligo
per l’esercente di controllare la concentrazione di radon
in aria in tutti i luoghi di lavoro sotterranei (lettera a) -art.
10 bis) ed in tutti i luoghi di lavoro in superficie qualora questi
ultimi siano presenti in “aree a rischio” (lettera b)
-art. 10 bis) ampliando di fatto il campo di azione della norma
radioprotezionistica. Ma, nonostante il riconoscimento della problematica
da parte delle istituzioni, la questione Radon continua ad essere
sottovalutata. Nel 1988 infatti il radon è stato classificato
dal WHO-IARC [Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità] un agente cancerogeno di Gruppo 1
[con evidenza scientifica di cancerogenicità sugli umani];
il radon inoltre è il secondo agente di rischio di induzione
di cancro polmonare, dopo il fumo di tabacco. L’Italia in
particolare è caratterizzata, come stimato da un’indagine
svolta dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia
Nazionale per la Protezione Ambientale [ANPA ora APAT], da una concentrazione
di radon indoor circa doppia rispetto a quella media mondiale. Tra
le azioni di carattere normativo, parallelamente al recepimento
della Direttiva 96/29/EURATOM con il suddetto Decreto Legislativo
n.241/00, il Ministero della Salute ha ordinato l’istituzione
di una Commissione nell’ambito della quale un gruppo di lavoro
ha predisposto il «Piano Nazionale Radon», un documento
strategico da attuare nell’ambito delle azioni previste dal
Piano Sanitario Nazionale. Tale Piano ha avuto approvazione dal
Consiglio Superiore di Sanità e anche dalla Conferenza Stato-Regioni,
ma attende ormai da anni la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
per problemi, si afferma, legati allo stanziamento di fondi.
MTM
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