La
legge Merlin, contro lupanare e tessere sanitarie
Il 20 agosto 1958 chiusero 560 case chiuse esistenti in Italia.
Tornarono in strada 2.075 prostitute
di Vito Scalisi
La disposizione che ordinò
l’abolizione delle antiche “lupanare” è
nota come Legge Merlin, dal nome della senatrice socialista Lina
Merlin. Una battaglia abolizionista iniziata nel 1948, sulle orme
di Marthe Richard, che aveva fatto chiudere le case in Francia già
nel 1946, e portata avanti per un decennio sulla base di quanto
stabilito dall’Onu nel 1947: «Nessun paese membro deve
ammettere la prostituzione regolamentata e trarne profitto attraverso
imposte sugli introiti di quelle case». Il 20 agosto del 1958,
data limite disposta dalla Legge, chiusero così le 560 case
chiuse esistenti, in Italia si sigillarono 3.353 posti letto e tornarono
in strada 2.075 prostitute. «Le case, i quartieri e qualsiasi
altro luogo chiuso - chiarì l’articolo 2 - dove si
esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio ai seni
dell’art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e delle
successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi
dell’entrata in vigore della presente legge». La legge
Merlin annullò definitivamente le disposizioni in vigore
dall’epoca del fascismo e chiuse di fatto un periodo di regolamentazione
della prostituzione in Italia che durava dal 1871, da quando cioè
Cavour ne aveva disciplinato l’attività obbligando
le prostitute all’iscrizione sui registri della polizia, a
due visite mediche settimanali e al ricovero ai sifilicomi [un ospedale-
prigione per prostitute con malattie veneree] in caso di malattia.
Il giornalista Idro Montanelli commentava sul suo pamphlet: «Addio
Wanda… in Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare
l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la
fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti
postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura
garanzia». Merlin dispose anche che le autorità di
pubblica sicurezza e le autorità sanitarie non potessero
più procedere ad alcuna forma di registrazione, neanche mediante
rilascio di tessere sanitarie a donne che fossero anche solo sospette
di esercitare la prostituzione, vietò infine anche che dette
donne fossero fornite di documenti speciali [art. 7].
Come
funzionavano le case chiuse
Le informazioni si traggono da libri e interviste di personaggi
che vissero l’epoca. Innanzitutto c’era la tenutaria
che gestiva l’intera baracca familiare, poi c’erano
le “pensionanti”, le prositute di oggi, che venivano
reclutate dai “collocatori”. La marchetta ricevuta dal
cliente andava divisa tra queste tre figure [50% alla tenutaria,
ed il resto tra la ragazza e colui che ella credeva il suo uomo
del cuore]. I “bordelli” non erano poi tutti uguali,
c’erano quelli di lusso e quelli più a buon mercato
ed i prezzi variavano in base alle prestazioni. Nel corso della
guerra arrivarono sino a cinque mila lire. Ogni “quindicina”
le ragazze cambiavano. Le nuove arrivate dovevano in primo luogo
recarsi in questura per le registrazioni di rito e le visite mediche.
Non esistevano i protettori, ma solo gli amici delle ragazze. La
prima cosa che le ragazze chiedevano era se volevi la singola o
la doppia, alludendo al tipo di prestazione che si desiderava ricevere.
Si pagava sempre prima. Generalmente le abitazioni erano composte
da un salone con delle panchine al piano terra e una sala da pranzo
dove le maitresse e gli amici mangiavano insieme. Per le autorità
c’era anche un privè.
La fine delle
case chiuse
Di fatto la stessa legge Merlin impose che esse fossero trasformate
in istituti di patronato, atte cioè a fornire assistenza
alle prostitute per riportarle “ad onestà di vita”.
Tra le disposizione finali e transitorie la Merlin ordinò
anche la costituzione di un Corpo speciale femminile che sostituisse
la polizia nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume e
della prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione
[art. 12]. Molte prostitute sposarono il loro protettore altre finirono
in strada.
La
prostituzione oggi
Il 20 febbraio del 1958 [legge n°75/58] rappresenta di fatto
ancora oggi l’ultimo atto di una storia altalenante tra regolamentazioni
e proibizioni che accompagna la storia dell’umanità
sin dalle sue origini. Una problematica che mette in campo e intreccia
inesorabilmente aspetti etici, sanitari, culturali, politici ed
economici. A sottolinearlo sono i numeri di un fenomeno che conta
oggi solo in Italia circa 70mila prostitute e 9 milioni di clienti,
un dato che risale però solo al 2003 [indagine conoscitiva
svolta della Commissioni Affari Sociali della Camera]. Di queste,
circa 25 mila sarebbero immigrate e 2mila minorenni; oltre 2mila
anche il numero delle donne ridotte in schiavitù e poi costrette
a prostituirsi. Il 65% delle prostitute, pari a circa 30mila donne,
lavora in strada, il 29,1% in albergo. Allarmanti i dati che riguardano
l’uso del profilattico: a fronte di un 12% di prostitute sieropositive,
sono l’80% i clienti che chiedono espressamente di avere rapporti
senza preservativo. Circa 15 euro è la tariffa chiesta dalle
nigeriane per dieci minuti in macchina; per le stesse prestazioni
le albanesi chiedono 25 euro e i viados 100. Senza il profilattico
la tariffa raddoppia. Il fatturato annuo della prostituzione si
aggira dai 16 ai 26 miliardi di euro. Come sottolineano gli infettivologi
il pericolo di una trasmissione sessuale delle malattie, data la
mancanza di ogni forma di controllo sanitario è molto alto:
tra le più diffuse vi sono la sifilide, le uretriti gonococciche
e non gonococciche. Sono malattie a trasmissione sessuale anche
le infezioni che non causano necessariamente una patologia a livello
dello stesso apparato riproduttivo. L’infezione da HIV fa
parte di queste malattie, come pure l’epatite B. A queste
si aggiungono le infezioni da papilloma virus, che causano dalla
banale condilomatosi fino al tumore del collo dell’utero nella
donna.
Angelina
Merlin: una maestra contro le case del piacere
La battaglia, condotta
per dieci anni dalla deputata e senatrice socialista Angelina Merlin,
approvata il 20 febbraio dello stesso anno, votata definitivamente
il 29 luglio con 385 favorevoli e 115 contrari aveva il suo epilogo.
Questa legge, secondo la sua ideatrice, si proponeva il lodevole
scopo di ridare dignità alle donne che esercitavano quello
che si chiamava e chiama il mestiere più antico del mondo,
di cancellare la vergogna dello Stato imprenditore delle donne schiave,
di mettere un freno alla prostituzione.
Angelina Merlin, classe 1889, era nata a Pozzonovo, provincia di
Padova. Trasferita a Chioggia all'età di quattro mesi presso
i nonni materni, qui si diplomò maestra, come la madre. Divenne
socialista a scuola, iniziò in giovane età a fare
comizi. Faceva la maestra e soffriva vedendo che le donne, mogli
di pescatori e marinai e troppo spesso sole, si prostituivano per
qualche piccolo lusso, o per fame, ai benestanti locali, le prostitute
lungo le strade, le donne nelle case delle "calli". Non
tollerava che gli uomini, di famiglie religiose, frequentassero
le prostitute e infettassero le mogli. Angelina giurò a se
stessa che avrebbe fatto finire quello sconcio, andando contro anche
al partito. La morale corrente, infatti, vedeva nelle case chiuse
il luogo dove i giovani potevano fare esperienza poiché alle
fidanzate non era permesso avere rapporti. Bloccata nella sua battaglia
dal fascismo, fu mandata al confino dal 1926 al 1930. Eletta membro
dell'assemblea costituente nel 1946, nel 1948 fu la prima donna
Italiana a sedere in Senato. E lei ripartì con la sua crociata.
Ricevette minacce di morte e avvertimenti di punizioni sia dalle
stesse prostitute sia dai protettori, dovette persino nascondersi,
ma alla fine la spuntò. Ma, in fin dei conti, che cosa voleva
la Merlin? Non abolire la prostituzione perché, anche a suo
dire, era vecchia quanto il mondo, ma abolire la regolamentazione
della prostituzione da parte dello Stato e il fatto che ne fosse
imprenditore. Molte fotografie la ritraggono felicissima nel giorno
del suo trionfo, mentre apre le persiane delle famose case chiuse,
così dette proprio perché, per legge, le persiane
dovevano sempre restare chiuse.
Indirizzi
utili
ASSOCIAZIONE
TAMPEP ONLUS
Finanziato dall'Assessorato alla solidarietà sociale della
Provincia, agisce per la prevenzione dell'AIDS e delle MST tra le
prostitute. Si propone di promuovere azioni di rispetto delle persone
immigrate, anche prostitute, socialmente emarginate e discriminate.
Ha anche il compito di contrastare i sistemi di coercizione e di
sfruttamento. Vuole contribuire alla tutela della salute, informazione
e prevenzione dell’Hiv e delle malattie sessualmente trasmissibili
anche attraverso volantini informativi e preservativi.
Indirizzo: Corso Brescia, 10
10152 Torino
Telefono: 011859821
Fax: 0112407344
Email: tampep.italia@libero.it
COMITATO PER I DIRITTI CIVILI
DELLE PROSTITUTE
Telefono: 011 2871476/859821
COMITATO PER I DIRITTI CIVILI
DELLE PROSTITUTE
Indirizzo: Casella Postale 67
33170 Porderone
Telefono: +39 0434 646678
Fax: +39 0434 646678
Differenza Donna
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