MTM n°14
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 5 - Numero 1 - gen/giu 2006
Farmaci non farmaci
 


Luigi Guacci
Luigi Guacci

Anno 5 Numero 1
gen/giu 2006

Bevendo una certa quantità di bevanda analcoolica credendo che sia alcoolica, molti si sentiranno ebbri


Permangono inoltre interrogativi sulle possibili applicazioni cliniche del placebo: una delle linee di ricerca dei NIH è proprio lo sviluppo e la valutazione di protocolli che utilizzino il placebo in sostituzione o in associazione con farmaci di efficacia certa



Placebo ed effetto placebo
Considerato un fattore perturbante dalla medicina ufficiale, riduce dolori cronici, asma, ipertensione, angina pectoris

di Luigi Guacci

pilloleTutti i medici sanno cos'è il placebo, ma penso che... repetita juvant. Tanto più che non molti si sono presi la briga di leggere una piccola parte dei fiumi di letteratura esistente sull'argomento, nè mi pare che questo sia trattato organicamente in qualche esame del corso di laurea. Fiumi di letteratura, dicevo, che mi è stato alquanto difficile condensare in questa breve nota informativa, e questa alla fine risulterà sicuramente carente. La medicina, nel tentativo di trovare una strada certa per dare validità al suo operato, ha trovato su questa strada dei fattori "perturbanti". Essi sono soprattutto la complessità e la variabilità degli organismi, il conflitto di interessi che inficia, soprattutto negli ultimi decenni, i risultati della ricerca, e "l'effetto placebo". Tralasciamo la storia. Il termine "placebo" indica una sostanza inattiva e innocua che viene somministrata al paziente facendogli credere che si tratta di un farmaco attivo. La storia "moderna" dei suoi effetti si può far iniziare dall'articolo del 1955 di H.K.Beecher The powerful placebo, dove l'effetto placebo viene quantificato in varie patologie in circa il 30% di risultati positivi e quindi proposto addirittura come trattamento medico. A partire approssimativamente da questa data la valutazione dell'efficacia di un farmaco viene perciò provata in doppio cieco verso il placebo, laddove neanche il medico può distinguere il farmaco dal placebo, che deve essere una sostanza inerte ed avere confezione, colore e forma uguali a quelle del farmaco. La validità del farmaco viene acce rtata quando, dopo la decodificazione, il gruppo che ha assunto il farmaco in prova ha avuto risultati statisticamente migliori rispetto al gruppo che ha assunto il placebo. Ad influire sull'effetto sono stati individuati numerosi fattori, come il prestigio dell'ambiente, la fiducia che si ha del medico, il “Professore”, l'attenzione e la meticolosità della visita, infine lo stato psicologico e le aspettative dei pazienti, per cui qualcuno ha voluto classificarli in placebo-responders e placebo non responders: ai primi è stata anche trovata una percentuale [39% dei pazienti]. Secondo Moertel sono responders i maschi più delle femmine, chi ha subito una interruzione traumatica del matrimonio più degli sposati o mai sposati, le donne con prole più di quelle senza; ma questi dati non sono confermati. bicchiere acquaL'effetto placebo alle volte è veramente sorprendente: può ridurre i dolori cronici, l'asma, l'ipertensione, l'angina pectoris ecc. e può far sentire anche gli effetti collaterali non voluti del farmaco di riferimento [effetto nocebo]. Bevendo una certa quantità di bevanda analcoolica credendo che sia alcoolica, molti si sentiranno ebbri. E c'è anche il placebo chirurgico: in passato si usava la legatura di alcune arterie per la cura dell'angina pectoris, ma si constatò presto che i risultati erano uguali, se non inferiori, a quelli ottenuti con una semplice incisione cutanea suturata. E proseguendo sulla strada degli esempi, non si può non ricordare che tempo fa negli USA furono vendute per corrispondenza delle pillole inerti dicendo che si trattava di sildenafil. Molti, forse spinti dalla partner, le acquistarono senza consultare il medico, e sorprendentemente le trovarono più efficaci del vero sildenafil, che fu testato in un secondo momento. Del resto, salvando l'acido Acetilsalicilico, le foglie di digitale e qualche altro prodotto erboristico, quasi tutta la farmacopea anteriore agli anni '50 era evidentemente placebo. Come funziona il placebo? Il meccanismo che è venuto subito in mente a chi se ne è occupato è quello psicologico, proprio perchè legato alle aspettative del paziente tanto da aver individuato dei gruppi di placebo-responders; ma non era facile capire il meccanismo. Tanto che qualcuno disse che accade come quando facciamo rifunzionare un macchinario che si è fermato assestandogli dei bei colpi sull'esterno, ma noi non sappiamo perchè. Altri hanno interpretato l'effetto placebo come riflesso condizionato di tipo pavloviano, secondo il quale un paziente che abbia avuto buon risultato dall'uso di un certo farmaco o dalle prescrizioni di un certo medico, avrà effetti simili dalla somministrazione di un placebo avente uguale aspetto o che sia stato prescritto dallo stesso medico. Tutte queste strane evidenze hanno spinto numerosi ricercatori in tutto il mondo a cercare le basi biologiche dell'effetto placebo, e ci sono già dei risultati. Il National Institutes of Health [NIH] degli USA, con un fortissimo finanziamento, ha iniziato alla fine del 2000 il progetto La scienza del placebo, un lavoro multicentrico interdisciplinare, coinvolgendo ricercatori di tutto il mondo. I primi riscontri sui meccanismi biologici del placebo riguardano l'analgesia: i lavori di Fabrizio Benedetti, dell'Istituto Rita Levi Montalcini dell'Università di Torino e Condirettore del progetto NIH, lavori pubblicati nel 1999 sul Journal of Neurosience, dimostrano che l'analgesia da placebo è strettamente legata alle endorfine. Infatti in due gruppi di pazienti il gruppo trattato con soluzione fisiologica rispondeva allo stimolo dolorifico come il gruppo che assumeva morfina; e come riprova, in un secondo momento veniva aggiunto alla soluzione fisiologica del naloxone e l'effetto analgesico scompariva. Il naloxone, notoriamente, blocca i recettori per gli oppioidi endogeni. Questi risultati sono stati poi confermati da studi con apparecchiature per immagini [PET] nel Karolinska Institutet di Stoccolma. L'effetto sul dolore è però l'unico ad aver avuto la dimostrazione di una qualche base biologica. Permangono inoltre interrogativi sulle possibili applicazioni cliniche del placebo: una delle linee di ricerca dei NIH è proprio lo sviluppo e la valutazione di protocolli che utilizzino il placebo in sostituzione o in associazione con farmaci di efficacia certa: ad esempio si può diminuire la quantità totale di morfina facendo somministrazioni alternate di farmaco e di placebo. Accenniamo soltanto alle implicazioni etiche che sorgono nel prescrivere o somministrare placebo, anche se in trials clinici, ai pazienti facendo loro credere che si tratta di un farmaco attivo. Terminiamo ricordando che tempo fa la stampa si occupò di questo problema e un noto quotidiano pubblicò un articolo evidentemente enfatizzando l'effetto placebo, e, come succede spesso alle orecchie non educate, le farmacie si trovarono a rispondere a numerose richieste di pillole di placebo