Bioetica: né
accanimento terapeutico né eutanasia, si al rispetto della vita
di Don Primo Martinuzzi
La
spina staccata al respiratore di Piergiorgio Welby ha rimesso in
auge un grande dibattito sul tema della vita e del “diritto
a morire”. Infatti, le scoperte della scienza, soprattutto
di questi ultimi anni, hanno sì migliorato la vita ed allontanato
la morte, ma hanno aperto nuove paure: non c’è più
solo la paura della morte, ma anche la paura di morire male, e addirittura
la paura di non poter morire a causa di macchinari usati da una
medicina che, pur non essendo capace di guarire, può prolungare
la vita umana senza tener conto delle condizioni in cui si costringe
il paziente a vivere. In realtà, nei Paesi in cui l’eutanasia
è legalizzata, la soppressione della vita non è solo
fatta ai malati che sono in vita grazie all’accanimento terapeutico,
ma anche a coloro che soffrono di malattie incurabili, i cui dolori
potrebbero essere diminuiti notevolmente dalle cure palliative.
La richiesta di decidere quando e come morire è l’altra
faccia del controllo delle nascite. L’esistenza è concepita
come se valesse la pena di vivere solo quando si è “voluti”,
se si è autonomi, sani e benestanti. La cultura dominante
è convinta che l’autodeterminazione individuale è
l’unica via della felicità. E la felicità consiste
nella realizzazione di un proprio progetto di vita, dei propri desideri,
per questo è fondamentale essere liberi di decidere anche
quando morire. C’è solo la propria volontà che
conta, non c’è spazio per l’imprevisto, per Qualcuno
diverso da noi che può aprirci nuove possibilità di
senso e di comprensione della nostra vita. Come si controllano le
nascite con gli anticoncezionali, così si vorrebbe controllare
la morte con l’eutanasia. In realtà, tutti conoscono
situazioni di figli “non desiderati” che diventano l’imprevista
fonte di gioia dei genitori, e a volte, di malattie, anche incurabili,
che possono diventare fonte di relazioni profonde, di amore vero
e imprevedibile per chi sta accanto al malato, come mai sperimentato.
Infatti, S. Paolo nella Lettera ai Colossesi dice, a proposito della
sua sofferenza: “Completo nella mia carne ciò che manca
alla Passione di Cristo, a favore del suo corpo che è la
Chiesa”. E il grande Papa Giovanni Paolo II ha scritto una
Lettera apostolica diretta soprattutto ai malati dal titolo “Il
valore salvifico della sofferenza”. Tutti, con l’aiuto
di Dio, siamo capaci di questi eroismi! C’è spesso,
purtroppo, una presunzione che rivela un cuore duro, una chiusura
mentale rispetto alla infinita novità che il misterioso dono
della vita, con le sue illimitate possibilità, ci può
riservare e che non si possono neppure immaginare. Queste spinte
alla legalizzazione dell’eutanasia contengono il pericolo
di aprire una possibilità di grave discriminazione tra gli
esseri umani, una subdola tentazione: pianificare la vita e la morte
in rapporto al potere dominante, che può decidere come usare
le risorse a favore di certi individui e a discapito di altri: dalle
spese nell’ambito sanitario, agli investimenti per lo sviluppo,
ad ogni scelta che riguardi il bene delle persone. Le persone comuni
non-autosufficienti, la cui assistenza comporta spese enormi, perché
tenerli in vita? Si amplificherebbe così ancora di più
il baratro di disuguaglianze che già discrimina le persone
in questo mondo, che mentre va verso la globalizzazione vede miliardi
di persone in condizioni di non-sussistenza, mentre dal polo opposto
c’è una opulenza scandalosa. Il diritto alla vita,
dal momento del concepimento fino al momento dello spegnimento naturale:
è un diritto non-negoziabile. Il primo codice deontologico
nella storia della medicina che è il giuramento di Ippocrate,
risalente al 400 a.C., lo aveva già individuato.
TESTAMENTO BIOLOGICO
Il Testamento biologico è una indicazione sottoscritta dal
paziente con la quale egli dà alcune semplici indicazioni
sulle forme di assistenza che desidera ricevere o non ricevere in
condizioni di incapacità, senza porre comunque un totale
vincolo sul medico, ed escludendo alcune richieste: ad esempio,
la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale, e in
generale le richieste eutanasiche, che caricherebbero il personale
sanitario di una intollerabile responsabilità sulla morte
dei pazienti
|