MTM n°16
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 6 - Numero 1 - dic/mar 2007
Cultura dello spirito
 


Don Primo Martinuzzi
Don Primo Martinuzzi

Anno 6 - Numero 1
dic/mar 2007

 

Il diritto alla vita, dal concepimento fino allo spegnimento naturale: è un diritto non-negoziabile

Non c'è più solo la paura della morte, ma anche la paura di morire male, e addirittura la paura di non poter morire




Bioetica: né accanimento terapeutico né eutanasia, si al rispetto della vita

di Don Primo Martinuzzi

intubatoLa spina staccata al respiratore di Piergiorgio Welby ha rimesso in auge un grande dibattito sul tema della vita e del “diritto a morire”. Infatti, le scoperte della scienza, soprattutto di questi ultimi anni, hanno sì migliorato la vita ed allontanato la morte, ma hanno aperto nuove paure: non c’è più solo la paura della morte, ma anche la paura di morire male, e addirittura la paura di non poter morire a causa di macchinari usati da una medicina che, pur non essendo capace di guarire, può prolungare la vita umana senza tener conto delle condizioni in cui si costringe il paziente a vivere. In realtà, nei Paesi in cui l’eutanasia è legalizzata, la soppressione della vita non è solo fatta ai malati che sono in vita grazie all’accanimento terapeutico, ma anche a coloro che soffrono di malattie incurabili, i cui dolori potrebbero essere diminuiti notevolmente dalle cure palliative. La richiesta di decidere quando e come morire è l’altra faccia del controllo delle nascite. L’esistenza è concepita come se valesse la pena di vivere solo quando si è “voluti”, se si è autonomi, sani e benestanti. La cultura dominante è convinta che l’autodeterminazione individuale è l’unica via della felicità. E la felicità consiste nella realizzazione di un proprio progetto di vita, dei propri desideri, per questo è fondamentale essere liberi di decidere anche quando morire. C’è solo la propria volontà che conta, non c’è spazio per l’imprevisto, per Qualcuno diverso da noi che può aprirci nuove possibilità di senso e di comprensione della nostra vita. Come si controllano le nascite con gli anticoncezionali, così si vorrebbe controllare la morte con l’eutanasia. In realtà, tutti conoscono situazioni di figli “non desiderati” che diventano l’imprevista fonte di gioia dei genitori, e a volte, di malattie, anche incurabili, che possono diventare fonte di relazioni profonde, di amore vero e imprevedibile per chi sta accanto al malato, come mai sperimentato. Infatti, S. Paolo nella Lettera ai Colossesi dice, a proposito della sua sofferenza: “Completo nella mia carne ciò che manca alla Passione di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. E il grande Papa Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera apostolica diretta soprattutto ai malati dal titolo “Il valore salvifico della sofferenza”. Tutti, con l’aiuto di Dio, siamo capaci di questi eroismi! C’è spesso, purtroppo, una presunzione che rivela un cuore duro, una chiusura mentale rispetto alla infinita novità che il misterioso dono della vita, con le sue illimitate possibilità, ci può riservare e che non si possono neppure immaginare. Queste spinte alla legalizzazione dell’eutanasia contengono il pericolo di aprire una possibilità di grave discriminazione tra gli esseri umani, una subdola tentazione: pianificare la vita e la morte in rapporto al potere dominante, che può decidere come usare le risorse a favore di certi individui e a discapito di altri: dalle spese nell’ambito sanitario, agli investimenti per lo sviluppo, ad ogni scelta che riguardi il bene delle persone. Le persone comuni non-autosufficienti, la cui assistenza comporta spese enormi, perché tenerli in vita? Si amplificherebbe così ancora di più il baratro di disuguaglianze che già discrimina le persone in questo mondo, che mentre va verso la globalizzazione vede miliardi di persone in condizioni di non-sussistenza, mentre dal polo opposto c’è una opulenza scandalosa. Il diritto alla vita, dal momento del concepimento fino al momento dello spegnimento naturale: è un diritto non-negoziabile. Il primo codice deontologico nella storia della medicina che è il giuramento di Ippocrate, risalente al 400 a.C., lo aveva già individuato.


TESTAMENTO BIOLOGICO
Il Testamento biologico è una indicazione sottoscritta dal paziente con la quale egli dà alcune semplici indicazioni sulle forme di assistenza che desidera ricevere o non ricevere in condizioni di incapacità, senza porre comunque un totale vincolo sul medico, ed escludendo alcune richieste: ad esempio, la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale, e in generale le richieste eutanasiche, che caricherebbero il personale sanitario di una intollerabile responsabilità sulla morte dei pazienti