Il CNR in prima linea per l’alimentazione e l’ambiente
LA RICERCA CONTRO LA FAME
ALCIDE BERTANI
DIPARTIMENTO AGROALIMENTARE DEL CNR, ROMA
TEL. 06/49937803
e-mail: alcide.bertani@cnr.it
IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO della fondazione
della FAO, è stata celebrata la
Giornata Mondiale dell’Alimentazione,
dedicata quest’anno al tema de La sicurezza
alimentare mondiale: la sfida del cambiamento
climatico e delle bioenergie. Il
CNR ha voluto sottolineare il proprio impegno
a favore di un settore fondamentale,
specie in un momento di crisi alimentare,
causata da un aumento indiscriminato dei
prezzi delle derrate che investe tutti i
paesi, ma che pesa maggiormente su quelli
emergenti.
«Attualmente, la produzione alimentare
mondiale potrebbe essere sufficiente per
tutti, e se fosse equamente distribuita, ogni
essere umano avrebbe a disposizione il proprio
fabbisogno calorico giornaliero», sottolinea
il professor Alcide Bertani, direttore
del dipartimento Agroalimentare del CNR.
«Purtroppo gli squilibri socio-politici mondiali
fanno sì che le persone che oggi vivono
in condizioni di sottoalimentazione siano
ancora scandalosamente numerose: circa
850 milioni».
Fondamentale per la risoluzione dei problemi
alimentari il ruolo della ricerca, come
precisa Bertani. «In ambito scientifico vi è
un generale consenso sulla possibilità che il
sistema agricolo mondiale possa essere in
grado di aumentare la produzione attuale e
che possa soddisfare le esigenze di 8-10 miliardi
di persone, sostenendo così un aumento
pari a circa il 50% della popolazione
attuale».
Non mancano però dubbi anche in ambito
scientifico. «Le incertezze», prosegue il direttore
del DAA-CNR, «interessano la reale sostenibilità
di un aumento di produzione di
tale portata che potrebbe incidere sulla superficie
e sui cicli biogeochimici della terra,
portando al collasso produttivo».
La necessità di aumentare la produzione
primaria, sia animale che vegetale, salvaguardando
le risorse ambientali e genetiche
diventa, così, la vera sfida dell’umanità nei
prossimi decenni. «Ci si aspetta che la ricerca
scientifica possa giocare un ruolo di
primo piano», precisa Bertani, «per esempio
nello sviluppo delle moderne tecnologie indirizzate alla realizzazione di sistemi per la
gestione di risorse ambientali indispensabili
come l’acqua e il suolo, oppure nell’adozione
di tecniche, materiali e macchine innovative
che rendano le pratiche agrarie sempre
più efficienti e sostenibili; o ancora nella
realizzazione di sistemi di produzione
energetica a costo accessibile».
Grande aspettativa è riservata, infine all’analisi
delle risorse genetiche. «Esse», fa notare
infatti Bertani, «possono rivelarsi il fondamento
per un nuovo e miglior utilizzo
dell’esistente, oltre che costituire fonte e riserva
di sequenze geniche necessarie a ottenere
piante di nuova generazione in grado
di soddisfare le future esigenze della produzione
agraria. In questo contesto il sistema
di ricerca deve saper analizzare, capire e
comunicare con rigore scientifico e senza
pregiudizi o termini del problema».
LA TUTELA DELL’AMBIENTE COMINCIA
A TAVOLA
GAETANO ZIPOLI ISTITUTO DI BIOMETEOROLOGIA
DEL CNR, FIRENZE TEL. 055/301422
e-mail: g.zipoli@ibimet.cnr.it
OGNI FAMIGLIA ITALIANA potrebbe ridurre le
emissioni di gas serra di circa 2mila chilogrammi
l’anno e tagliare i consumi di petrolio
semplicemente seguendo abitudini
alimentari più sane e sostenibili. Ne guadagnerebbero
pure la salute e il portafogli. Bastano
pochi accorgimenti: una dieta equilibrata,
maggior attenzione ai prodotti locali
e di stagione [accorciando così la filiera produttore-
consumatore], gli acquisti di gruppo,
il riciclo dei contenitori della spesa e la
riduzione degli imballaggi, un occhio più attento
ai consumi energetici per la conservazione
e la preparazione dei cibi. Oltre, ovviamente, al sostegno attivo alla raccolta differenziata.
Il dottor Gaetano Zipoli, ricercatore dell’ISTITUTO
DI BIOMETEOROLOGIA DEL CNR di Firenze
[IBIMET-CNR], li chiama “consigli per gli
acquisti”: semplici e concreti suggerimenti
che, se applicati su vasta scala, contribuirebbero
in modo determinante alla sostenibilità
ambientale. I numeri dicono tutto:
«Per produrre una chilocaloria di carne», osserva
Zipoli, «ne servono ben 25 di energia
fossile [11 volte quella necessaria a produrre
un alimento vegetale]. Se ciascun cittadino
americano sostituisse nella dieta quotidiana
il 5 per cento della carne con alimenti
vegetali si risparmierebbero 385 kcal di
energia fossile al giorno, equivalenti a
95/126 grammi di anidride carbonica».
Ma gli esempi si sprecano: dall’acqua in bottiglia
[paradosso estremo: per fare un contenitore
in plastica da 1,5 litri si usa mezzo litro
di acqua], ai pomodori [l’import dalla Cina
è responsabile dell’emissione di 40mila
tonnellate di Co2 l’anno], alle prugne cilene
[un viaggio di 12mila chilometri per via aerea],
alla dubbia sostenibilità dei biocombustibili
[produrli in Italia significherebbe
oggi sottrarre un quarto dei terreni disponibili
alle colture vegetali e consumare il 34 per
cento in più delle risorse idriche].
In discussione c’è un intero sistema di abitudini
e comportamenti. Non certo gli effetti
del cambiamento climatico in atto. «Analizzando
le temperature medie dal 1860 ai
giorni nostri- aggiunge Zipoli - si evince come
i 12 anni più caldi della storia del Pianeta
si concentrino tutti negli ultimi due lustri
[punta nel 1998, a seguire 2005, 2003, 2002 e
2004]». E se l’estensione dei ghiacciai al Polo
Nord si è ridotta del 5 per cento in 18 anni,
è sufficiente guardare in casa nostra per
scoprire un clima molto diverso da quello
cui erano abituati i nostri nonni: solo in Toscana,
la lunghezza media delle cosiddette
“ondate di calore”, durante le quali la temperatura
sale oltre i 34 gradi, è passato in un
secolo da una media di poco più di due giorni
a oltre sette.
La concentrazione atmosferica dei gas serra
è oggi la più alta degli ultimi 650mila anni:
colpa soprattutto dell’uso dei combustibili
fossili e delle pratiche agricole. Direttamente
o indirettamente, l’agricoltura contribuisce
all’emissione di una quota di gas
clima-alteranti che va dal 17 al 32 per cento
del totale. «Cambiare è possibile», conclude
Zipoli. «Gli impatti dei cambiamenti climatici
sull’agricoltura possono essere parzialmente
bilanciati intervenendo direttamente
sulle cause del riscaldamento, mitigandone
gli effetti. E con una strategia di adattamento
che potrà essere sia congiunturale
[variando i periodi di semina, trattamento e
raccolta, nonché la tipologia e l’uso dei fertilizzanti]
che strutturale: ovvero, abbandonando
alcune coltivazioni in favore di altre».
L’IBBA-CNR IN SOCCORSO
DEL RISO “STRESSATO”
IL RISO È IL CEREALE PIÙ CONSUMATO al mondo e sfama oltre
metà della popolazione mondiale, ma soffre lo
stress, un “malessere” che può comprometterne la
redditività. Un dato preoccupante se si considera
che l’Italia è il maggior esportatore europeo, con una
produzione concentrata per il 94 per cento in Lombardia
e Piemonte. L’integrazione delle biotecnologie
con sistemi di miglioramento genetico tradizionale
permette oggi lo sviluppo di piante di qualità
superiore. Di grande importanza in questo campo
risulta la comprensione dei meccanismi di resistenza
del riso agli stress e la scoperta di caratteri
morfologici e molecolari peculiari di questa pianta,
al fine di selezionare varietà maggiormente tolleranti.
In questo campo di studio, i ricercatori dell’Istituto
di biologia e biotecnologia agraria [IBBA} del
CNR di Milano hanno intrapreso uno studio per individuare
e caratterizzare alcuni geni del cereale in
grado di attivare meccanismi di protezione. «Le piante,
impossibilitate a muoversi, sono continuamente
esposte a rapidi cambiamenti delle condizioni
ambientali, quali temperatura, disponibilità di acqua
e di nutrienti, salinità del suolo, agenti inquinanti e
attacco da parte di patogeni», spiega Elena Baldoni,
che collabora da diversi anni con il gruppo di ricerca
di Annamaria Genga dell’IBBA-CNR. «Per far fronte
a tali condizioni, esse hanno sviluppato complessi
meccanismi di percezione di segnali dall’ambiente
e di risposta, tramite la modulazione dell’espressione
di numerosi geni». Gli studi del CNR sono
quindi volti alla comprensione di tali sistemi di
difesa. «Attraverso la tecnica di Real Time PCR, che
permette di analizzare con accuratezza e in modo
quantitativo l’espressione di diversi geni contemporaneamente,
come ad esempio quelli MYB, già
in studio nei laboratori dell’IBBA», precisa la ricercatrice,
«si potranno individuare i geni coinvolti nella
risposta del cereale ai fattori di stress e selezionare
varietà che li esprimano maggiormente, risultando
quindi più resistenti agli stress, con evidenti vantaggi
per la produttività».
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