Il ritmo della vita
Vita significa movimento, significa evoluzione o trasformazione, significa scorrere nel flusso del tempo
di Julia Stefania Labbate
La legislazione in Italia sulle adozioni è stata per lungo tempo influenzata
dal Codice Napoleonico. Fino al 1967 vi era un’adozione
senza specificazione, di tipo romanistica, consentita anche a favore
dei maggiorenni. Solo nel 1967 una legge ha riconosciuto il diritto
del bambino ad avere una famiglia in alternativa alla propria, con
l’istituzione dell’adozione legittimante. Era riservata ai minori di
8 anni, giudicati dal Tribunale dei Minori di essere “privi di assistenza
morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti
a provvedervi”. Questa legge però non regolava l’adozione internazionale,
che pertanto si configurava come “terra di nessuno”.
Solo nel 1983, con la legge 184, viene istituzionalizzato il diritto del
minore ad avere una famiglia, e sono state regolate entrambe le forme
di adozione, nazionale e internazionale, riconoscendo il diritto
di essere adottato ai minori di 18 anni. Un ulteriore ratifica alla
legislazione viene fatta nel 1998, con la legge 476, con cui l’Italia
rende l’adozione internazionale un provvedimento
sussidiario, e quindi l’adozione avviene conformemente
ai principi e secondo le direttive della Convenzione
fatta all’Aja il 29 maggio del 1993.
Due modifiche importanti vengono altresì fatte con la
legge 149 del 2001, con cui si riconosce al minore il diritto
soggettivo ad essere educato nella propria famiglia
e dai suoi genitori e, in mancanza, ad avere comunque una famiglia.
Con questa legge l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio
da almeno tre anni e si sancisce la differenza di età tra
bambini e genitori, che va da un minimo di 18 anni a un massimo
di 45. L’altra modifica è il riconoscimento al bambino del diritto di
cercare informazioni.
Le tappe per l’adozione sono semplici, seppur poi lunghe nella pratica:
i genitori che intendono adottare si rivolgono al Tribunale dei
minori e fanno uno dichiarazione di disponibilità; la coppia verrà
contattata dai servizi sociali territoriali e verrà sottoposta a indagine
[dura in media dai 4 ai 6 mesi]; i servizi sociali estendono una relazione,
ovvero il decreto di idoneità che va al Tribunale. Nel caso
dell’adozione nazionale, il Tribunale avuta la relazione inserisce la
coppia in una banca dati per tre anni. Circa l’85% dei bambini, per
la nazionale, sono neonati, questo non vuol dire che sono bambini
italiani, ma sono bambini nati sotto la giurisdizione italiana, sono
per lo più bambini nati da donne immigrate. La restante percentuale, invece è costituita da bambini più grandi, quelli tolti alle
famiglie, che hanno, alle spalle per lo più storie di grande sofferenza.
Si ricorda in questa sede che l’Italia è un paese che tutela la genitorialità
biologica, quindi questi bambini arrivano all’adottabilità
solo dopo che si è fatto il possibile per il recupero della famiglia.
Nel caso dell’adozione internazionale, invece, la coppia deve scegliere,
entro un anno, l’Ente, autorizzato dalla Commissione internazionale
adozioni, a cui affidarsi: in Italia ce ne sono circa 70.
Inizia la ricerca del bambino, l’ente in questa fase è molto importante
perché segue i coniugi e svolge tutte le pratiche necessarie per
la procedura. Un’altra tappa importante e obbligata è l’incontro all’estero.
I genitori vanno nel paese d’origine, i tempi, di permanenza
in loco sono dettati dal paese stesso e solo dopo una relazione
positiva da parte delle autorità del paese straniero, l’ente procederà
a concludere le pratiche di adozione. Non dimenticando
che è riconosciuto il diritto del bambino ad avere una famiglia e
non il diritto di una coppia ad avere un figlio.
|