MTM n°22
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 8 - Numero 1 - gen/apr 2009
Dibattito - adozioni
 


Julia Stefania Labbate
Julia Stefania Labbate
Dottoranda in Teoria e ricerca sociale presso l’Università La Sapienza di Roma
direttore: Maria Immacolata Macioti


Anno 8 - Numero 1
gen/apr 2009

 

Non dimenticando che è riconosciuto il diritto del bambino ad avere una famiglia e non il diritto di una coppia ad avere un figlio




Il ritmo della vita
Vita significa movimento, significa evoluzione o trasformazione, significa scorrere nel flusso del tempo
di Julia Stefania Labbate

La legislazione in Italia sulle adozioni è stata per lungo tempo influenzata dal Codice Napoleonico. Fino al 1967 vi era un’adozione senza specificazione, di tipo romanistica, consentita anche a favore dei maggiorenni. Solo nel 1967 una legge ha riconosciuto il diritto del bambino ad avere una famiglia in alternativa alla propria, con l’istituzione dell’adozione legittimante. Era riservata ai minori di 8 anni, giudicati dal Tribunale dei Minori di essere “privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”. Questa legge però non regolava l’adozione internazionale, che pertanto si configurava come “terra di nessuno”. Solo nel 1983, con la legge 184, viene istituzionalizzato il diritto del minore ad avere una famiglia, e sono state regolate entrambe le forme di adozione, nazionale e internazionale, riconoscendo il diritto di essere adottato ai minori di 18 anni. Un ulteriore ratifica alla legislazione viene fatta nel 1998, con la legge 476, con cui l’Italia rende l’adozione internazionale un provvedimento sussidiario, e quindi l’adozione avviene conformemente ai principi e secondo le direttive della Convenzione fatta all’Aja il 29 maggio del 1993.
Due modifiche importanti vengono altresì fatte con la legge 149 del 2001, con cui si riconosce al minore il diritto soggettivo ad essere educato nella propria famiglia e dai suoi genitori e, in mancanza, ad avere comunque una famiglia. Con questa legge l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni e si sancisce la differenza di età tra bambini e genitori, che va da un minimo di 18 anni a un massimo di 45. L’altra modifica è il riconoscimento al bambino del diritto di cercare informazioni.
Le tappe per l’adozione sono semplici, seppur poi lunghe nella pratica: i genitori che intendono adottare si rivolgono al Tribunale dei minori e fanno uno dichiarazione di disponibilità; la coppia verrà contattata dai servizi sociali territoriali e verrà sottoposta a indagine [dura in media dai 4 ai 6 mesi]; i servizi sociali estendono una relazione, ovvero il decreto di idoneità che va al Tribunale. Nel caso dell’adozione nazionale, il Tribunale avuta la relazione inserisce la coppia in una banca dati per tre anni. Circa l’85% dei bambini, per la nazionale, sono neonati, questo non vuol dire che sono bambini italiani, ma sono bambini nati sotto la giurisdizione italiana, sono per lo più bambini nati da donne immigrate. La restante percentuale, invece è costituita da bambini più grandi, quelli tolti alle famiglie, che hanno, alle spalle per lo più storie di grande sofferenza. Si ricorda in questa sede che l’Italia è un paese che tutela la genitorialità biologica, quindi questi bambini arrivano all’adottabilità solo dopo che si è fatto il possibile per il recupero della famiglia.
Nel caso dell’adozione internazionale, invece, la coppia deve scegliere, entro un anno, l’Ente, autorizzato dalla Commissione internazionale adozioni, a cui affidarsi: in Italia ce ne sono circa 70. Inizia la ricerca del bambino, l’ente in questa fase è molto importante perché segue i coniugi e svolge tutte le pratiche necessarie per la procedura. Un’altra tappa importante e obbligata è l’incontro all’estero. I genitori vanno nel paese d’origine, i tempi, di permanenza in loco sono dettati dal paese stesso e solo dopo una relazione positiva da parte delle autorità del paese straniero, l’ente procederà a concludere le pratiche di adozione. Non dimenticando che è riconosciuto il diritto del bambino ad avere una famiglia e non il diritto di una coppia ad avere un figlio.