LA MEDICINA
“NON CONVENZIONALE”
E LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
del Prof.
Giovanni Pellettieri
COME È NOTO, e ricorrendo alla letteratura
formatosi sul tema, la naturopatia [vis medicatrix
naturae] è alla base di quasi tutte le
tecniche terapeutiche della medicina non
convenzionale: agopuntura, omeopatia, chiropratica,
dipendono dalla capacità che ha
l'organismo di guarire se stesso quando viene
avviato nella giusta direzione. Queste tecniche
agiscono sull'intero organismo; l'intervento
terapeutico non si limita alla funzione
alterata, ma si propone di ristabilire
l'armonia fra la parte ammalata e il tutto, favorendo
i processi difensivi propri dell'organismo.
La diffusione della medicina non
convenzionale ha posto il problema di una
sua specifica disciplina, allo scopo di garantire
la salute dei cittadini, il diritto di accesso
a pratiche non tradizionali, cioè alternative
a quelle proposte dalla medicina “accreditata”
ovvero “scientifica”.
Sul piano nazionale numerosi sono stati i
tentativi per introdurre una disciplina generale
della materia. Nella XV° Legislatura,
infatti, si segnalano le proposte di legge del
Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna [n. 142/06] e di numerosi
deputati [nn.1590, 874, 1990/06] e senatori [nn.447, 478, 1126, 996,
1245/06] di ogni parte politica. Il presupposto da cui muovono queste
iniziative è il dovere della Repubblica di garantire il principio della
libertà di scelta terapeutica del paziente e la libertà di cura del medico,
“in adesione ai principi del codice di deontologia medica e nel
rispetto dell’articolo 32 della Costituzione…” Una garanzia che passa
per la “Istituzione della qualifica di esperto nelle medicine complementari
esercitate dai laureati in medicina e chirurgia, in odontoiatria
e in medicina veterinaria”, come recitano gli artt.1 e 2 del disegno
di legge n.12245/07. In assenza di una regolamentazione nazionale,
molte iniziative normative per il settore sono state promosse
dalle regioni, [nei limiti espressi dalla Corte Costituzionale
con le sentenze n. 424/05; n. 40/06; n. 300/07; n. 93/08 e da numerose
altre decisioni, anche della Cassazione, da ultimo, Cass.penale,
n. 34200/07]. Esse riguardano soprattutto l’inserimento nei piani
sanitari regionali [PSR], anche in accordo con gli Ordini professionali
di competenza, di capitoli dedicati alle medicine complementari,
alle attività di formazione e informazione e, in alcuni casi,
l’approvazione di leggi regionali rivolte agli operatori non medici.
Un tavolo tematico sulle medicine complementari è istituito
presso la Commissione salute della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano. Sul piano europeo, molte sono le iniziative volte ad una
regolamentazione della materia: tra le altre, direttiva 92/73/CEE del
Consiglio del 22 settembre 1992 che amplia il campo d'applicazione
delle direttive 65/65/CEE e 75/319/CEE concernenti il ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
relative ai medicinali e che fissa disposizioni complementari
per i medicinali omeopatici; la risoluzione sullo statuto delle
medicine non convenzionali del Parlamento europeo, n. 75 del 29
maggio 1997, che chiede alla Commissione, qualora i risultati dei relativi studi lo consentano, di impegnarsi in un processo di riconoscimento
delle medicine non convenzionali e, a tal fine, di adottare
le misure necessarie per favorire l'istituzione di comitati ad hoc;
in tale senso si è espresso anche il Consiglio d’Europa, il quale, nella
risoluzione n. 1206 del 4 novembre 1999, pur riconoscendo la preminenza
della medicina convenzionale, ha affermato la necessità
di un riconoscimento delle principali medicine complementari da
parte degli Stati membri, allo scopo di inserirle a pieno titolo nei diversi
Servizi sanitari. A tale scopo il Consiglio d’Europa ha invitato
i singoli Stati membri a regolarizzare lo status di queste medicine
con provvedimenti legislativi appropriati. Nonostante la mancanza
delle normative auspicate, il processo di integrazione dei pensieri
delle medicine complementari con la medicina classica o convenzionale
è oramai a uno stadio piuttosto avanzato e sono sempre
di più gli esempi di Servizi sanitari europei ed extraeuropei che
riconoscono l’utilità di tali medicine e le accolgono nel loro sistema
sanitario. In tutti i casi il principio portante di tali iniziative legislative
è il concetto dell’esistenza di diversi indirizzi terapeutici
in medicina e l’affermazione che nessun approccio scientifico, per
quanto maggioritario, ha il diritto di discriminarne altri. Nel contempo,
sono oramai numerosissimi gli esempi di ordinamenti universitari
che si sono adoperati per offrire programmi didattici sia
informativi che formativi su tali medicine. Da un punto di vista legislativo,
la mancanza di iniziative finalizzate al riconoscimento
delle medicine complementari, come auspicato a livello europeo,
ha relegato i medici praticanti tali terapie a operare in una condizione
di semiclandestinità: così il citato disegno di legge n.1245/07].
La WHO inizia una serie di azioni tendenti alla razionalizzazione
dell’utilizzo di tali pratiche secondo criteri internazionalmente condivisi.
Il recente Congresso tenutosi in Beijing, Cina, nel novembre
2008, ha, infatti,raccomandato a tutti i Paesi di intervenire per includere
la medicina tradizionale nei servizi sanitari nazionali.
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