MTM n°24
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 8 - Numero 3 - ott/dic 2009
Medicina non convenzionale
 


Dr. Salvatore Bardaro
Dr. Salvatore Bardaro
Odontoiatra, Perf. Medicina Interna,
Esperto in Medicine Non Convenzionali,
Membro Forum MNC OMCeO Roma,
Membro Osservatorio MNC FNOMCeO,
Docente Master “Medicina Integrata”
Facoltà Medicina e Chirurgia
Università Siena,
Presidente AMNCO,
Libero Professionista in Roma
www.amnco.it


Anno 8 - Numero 3
ott/dic 2009

 

Le prime notizie sull'uso di piante ed erbe a scopo curativo risalgono a 10.000 anni fa, in India. Nel 1986 la Fitoterapia è stata riconosciuta in Francia dal Ministero della Sanità come Medicina




Fitoterapia: storia e percorsi della cura con le piante
Fin dalla preistoria l'uomo si è servito delle piante, la forma più arcaica di medicamento e di cibo
di Salvatore Bardaro

LA SCOPERTA DELLE PROPRIETÀ CURATIVE delle piante è, all’inizio, sicuramente un fatto istintivo e casuale. L'uomo primitivo ritrova nella pianta il cibo e la medicina, avvalendosi di esperienze personali, anche negative, nonché del comportamento degli animali.
Chi meglio di tutti conosceva la natura [lo stregone] era anche tenuto in particolare considerazione.
Le prime notizie dell’uso di piante ed erbe a scopo curativo risalgono a 10.000 anni fa, in India. Il primo testo scritto sulla medicina con le piante è fatto d’argilla. Consiste in una serie di tavolette [Ninive] incise con caratteri cuneiformi ed i suoi autori, i Sumeri, lo redassero circa 3000 anni prima di Cristo. Il ritrovamento in Assiria di queste tavolette, tra cui quella di Assurbanipal, provenienti dalla famosa biblioteca di Ninive, ha consentito di conoscere l’utilizzo a scopi terapeutici della belladonna e della canapa indiana, la coloquintide, l’oppio, la cassia.
Documenti scritti molto antichi sono anche quelli appartenenti alla civiltà cinese relativi all’uso e alle proprietà dei medicamenti e dei veleni: tra questi è assai noto l’Erbario di Shên Nung [ca. 2700 a. C.], che annovera 360 droghe. Altri importanti sono i papiri egiziani di Ebers e di Smith [ca. 1600 a. C.] che descrivono 160 droghe e piante medicamentose tra cui l’oppio, il giusquiamo e il ricino. Gli egizi conoscevano più di 700 forme di medicamenti, di natura sia vegetale che animale. Considerevoli sono i libri sacri della civiltà indiana [1000-800 a. C.], che elencano oltre 800 droghe medicinali. La stessa Bibbia ci tramanda l’uso, da parte degli ebrei, di alcune piante, come l’issopo e il cedro, per curare le malattie.
La conoscenza delle tecniche fitoterapiche orientali è arrivata ai Greci attraverso la civiltà dei Persiani.
Inizialmente, come in tutte le civiltà antiche, la medicina era permeata da attributi magici e religiosi; ma intorno all’ VIII - V secolo a.c. la pratica terapeutica degli Asclepiadi, la casta dei medici, spogliò la medicina da questi attributi arcaici rendendola molto più pragmatica.
La cura con le piante medicinali è citata già da Omero, che nell’Iliade e nell’Odissea parla dei nepenti [forse derivati dall’oppio] che servivano per dimenticare tutti i dolori.
Nel 500 a.C., Xanto di Lidio decantava le proprietà del cetriolo selvatico; l’aglio era raccomandato da Aristofane, l’aneto e l’artemisia da Pitagora.
La fitoterapia greca sviluppa, inoltre, le tecniche terapeutiche orientali con le piante esotiche [specialmente cannella e zenzero] grazie alle spedizioni di Alessandro Magno.
Lo studio delle Scienze Naturali e della Botanica hanno inizio presso la scuola filosofica fondata da Aristotele [384 - 322 a.C.], che fa riferimento alla medicina ippocratica, per quanto concerne le tecniche terapeutiche. In alcune sue opere, egli illustra le proprietà di alcune "piante magiche", come l’alloro ed il pioppo, la pianta sacra ad Ercole.
Ippocrate di Cos [470 - 375 a.C.], considerato il padre della medicina, ha il merito di aver raccolto ed elaborato, nel suo Corpus Ippocraticum, le conoscenze mediche del suo tempo, fornendo indicazioni sui rimedi naturali da usare per ogni malattia. Coi suoi aforismi, le sue ricette, i suoi metodi di dosaggio e le sue diete, influenzò il mondo romano e parte di quello medievale. Fu lui a classificare per la prima volta in modo organico 300 specie di piante medicinali.
Teofrasto [372 - 287 a.C.] è il successore di Aristotele e suo allievo. Continua l’opera del Maestro: i criteri razionali usati nello studio delle piante ne fanno il padre della Botanica moderna. È suo il primo trattato sistematico di botanica farmaceutica, De historia plantarum. Un testo di difficile lettura, in quanto i nomi delle 500 piante sono completamente diversi dagli attuali, anche se si basano sul tipo di fusto e sulla possibilità di coltivare o meno la specie vegetale. Le proprietà antielmintiche oggi riconosciute al felce maschio sono state scoperte da Teofrasto, che nei suoi scritti dimostra di conoscere bene le varie tecniche da seguire per la raccolta delle piante: le diverse proprietà della pianta in relazione alla parte usata ed il tempo balsamico per il miglior utilizzo dei principi attivi.
Tuttavia le prime opere con carattere di veri trattati di farmacognosia e di farmacoterapia compaiono solo in epoca romana. In esse i farmaci non vengono più riportati sotto forma di semplici elenchi o in appendice alle malattie, come negli scritti di Ippocrate, ma secondo criteri sistematici e descrittivi riferentisi all’uso, agli effetti utili o dannosi, al dosaggio, alle modalità di somministrazione, ecc. Sin dal I sec. d.C., a Roma, era uso comune coltivare orti con piante medicinali.
Tra le più significative opere di quest’epoca vanno ricordate il De medicina di Celso [18 d. C.]; l’assai importante opera in 5 volumi di Pedanio Dioscoride Anazarbeo [sec. I d.C.], De materia medica, che tratta tutta la conoscenza medica dell’epoca, inclusa quella relativa alle proprietà medicinali delle piante. Questa enciclopedia ebbe grandissima autorità in tutto il Medioevo, fin quasi al XVI sec. Per la prima volta, inoltre, si tenta di classificare le piante non in ordine alfabetico ma secondo le loro affinità. Le descrizioni contenute in queste opere spesso erano fortemente influenzate da concezioni filosofiche, magiche e astrologiche.
Di epoca romana vanno anche ricordati Plinio il Vecchio [23-79 d. C.], la cui opera Naturalis historia in 37 libri, è un’autentica enciclopedia, ancora oggi fondamentale per farci apprendere le conoscenze della farmacologia degli antichi; Claudio Galeno [129-201 d. C.], il medico più illustre di tutta l’antichità dopo Ippocrate, che catalogò i medicamenti in funzione del "calore", o umore, secondo gradi crescenti, permettendo la scelta del farmaco con tale parametro per ogni malattia [Methodus medendi].
Infine il medico bizantino Oribasio [325- 403 d. C.], che trattò di falsificazione delle droghe.
Tra i più antichi orti o giardini botanici del mondo si ricordano quelli di Alessandria d’Egitto sotto i Tolomei [dal IV secolo a.C.] e quello istituito ad Atene, intorno al 340 a.C., a scopo di studio e per volontà di Aristotele, che ne affidò la gestione a Teofrasto.
La fitoterapia moderna ha origine nel periodo rinascimentale con la nascita delle prime scuole mediche laiche e delle prime università [Scuola medica salernitana sec. XI-XIII, Università di Montpellier sec. XII]. Paracelso, i Medici, gli Estensi, Leonardo da Vinci favoriscono la ricerca, che tra le varie innovazioni porta alla creazione dell’orto botanico di Padova e poi a quello di Pisa. Si assiste ad un progressivo allontanamento dall’empirismo degli alchimisti a favore di una verifica scientifica con mezzi di indagine sempre più sofisticati. Questo permette a Carlo Linneo [1707-1778 d.C.] lo studio sistematico delle piante e la determinazione di regole rigorose per la coltivazione e la raccolta delle erbe medicinali.
È nel 1986 che la fitoterapia è stata ufficialmente riconosciuta in Francia dal Ministero della Sanità come una medicina con dignità autonoma. Prova incontestabile della loro efficacia, i medicamenti raccomandati in fitoterapia sono tutti titolati in principi attivi, il che significa che essi contengono, in concentrazione più o meno elevata ma sempre nota, sostanze dotate di attività farmacologiche. Ancora oggi gli studiosi, oltre a isolare i principi attivi più importanti, cercano di comprendere per quale motivo una pianta usata nella sua totalità dia effetti diversi da quelli ottenuti con l’utilizzazione del suo solo principio attivo. Questa differenza di azione è stata imputata al cosiddetto fitocomplesso, che secondo le teorie più correnti è considerato come una entità biochimica unitaria e dinamica.