MTM n°26
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 9 - Numero 1 - set/nov 2010
Cultura - Musica
 


Lucio Sessa
Lucio Sessa


Anno 9 - Numero 2
set/nov 2010

 




Gli ARCADE FIRE e l’opera musicale mozzafiato: THE SUBURBS
Il terzo album di questa scintillante band canadese, ne sancisce l’entrata nell’olimpo dei grandi gruppi musicali contemporanei, puntellando un’anima delicata scandita da violini ed atmosfere emozionanti

di Lucio Sessa

Il gruppo degli Arcade FireÈ come se formiche e cicale si mettessero d’accordo per una sintesi tanto inusuale quanto prolifica. Come se angeli e demoni trovassero un condensato tanto apparentemente insolito quanto incredibilmente efficace.
La prima traccia, the Suburbs, è un’altalena fantastica sulla quale cullarsi, apprestandosi ben disposti all’ascolto di quello che probabilmente è di gran lunga il miglior disco dell’anno: fantastica e sognante quanto concreta e raffinata ballata, che precede Ready to start, con la quale si parte verso la scoperta dell’album, introducendoci per mano in un rock pulito che trae la propria forza dalla bellezza dell’idea priva di aggiustamenti e distorsioni, e dalla semplicità e dall’accuratezza degli accordi. Un disco potente, dove per potenza non si intende il rumore dei watt sparati a tutto volume, ma il trascinare l’ascoltatore nella bellezza scintillante delle melodie, curate, leggere. Godibilità d’ascolto, semplicità, orecchiabilità: tutto privo di banalità, non esiste il “già sentito”, previsto dai clichè, che finisce per sostituirsi a qualsiasi fenomeno innovativo, dopo i primi tempi di novità assoluta. Un disco che rende giustizia a quella magia che accompagna e puntella la vita quotidiana di chi vive anche di musica. È sufficiente ascoltare la terza traccia Modern man, per capire che questo è un lavoro da ascoltare rimirando la copertina, girandola tra le mani, come a voler sancire un definitivo e delicato possesso di un’anima musicale conquistata. Accordi incisivi, sfocianti nella “obliqua” ed introduttiva quarta traccia, Rococo, verso un lanciatissimo 5° episodio, Empty room, veloce e generoso puntello rock’n’roll d’altri tempi, con atmosfere d’archi e violini che ricordano lavori eccelsi quali Adore degli smashing pumpkins, tanto per capirci. City with no children, è un’altra ballata monocorde, introduttiva…
l’attesa non è vana: Half Light I, è in punta di dita. Settimo sigillo, è il caso di dirlo, di una potente delicatezza, che scuote. È assodato, ormai: ci troviamo di fronte ad un capolavoro assoluto. Ricercato, raffinato, suonato con la tecnica della mente ed il battito, forte, di un cuore pulsante. Half Light II, più che un proseguimento della prima parte, introduce un periodo diverso nel disco e Suburban War, non ci smentisce: cupo, vibrante, forte, che non eccede nei suoni, ma lascia percepire la tensione lirica del brano. L’intreccio suadente ma non privo di tensioni e pulsioni vive, si spezza in Month of may, ricordando 4 energici accordi di stampo punk che spezzano una quiete apparente. Wasted hours, riporta all’ascolto del brano di apertura, dove ci si trovava su una fantastica altalena: aria fresca, leggera, benefica. Come aprire una finestra in una stanza chiusa da tempo, e beneficiare immediatamente della nuova linfa percepita dai polmoni, dal cervello, nel sangue. Deep Blue, dodicesimo passaggio, ci riporta ad un gioco di chiaroscuro, che decolla dipanandosi in melodie che si adagiano, collimando in accordi perfetti: chitarra, piano, batteria, basso, una leggera eppur profonda sinfonia. Restiamo sorpresi dalla splendida We used to wait, solenne nell’austera atmosfera epica sfornata dalle corde musicali toccate ed accarezzate con decisione, dove per austera si intende priva di fronzoli, che mira dritta all’anima, senza tentennamenti.
Infine, gli Arcade Fire, decidono di regalare una struggente perla, Sprawl. Questa profondità, è molto più di una tristezza apparente: è un disco di una dolcezza infinita, pur nei toni drammatici che assume.
Sprawl II esce dal tunnel lento pieno di colori nel quale ci siamo infilati, tentando di restituire ritmi che accompagnano un battito cardiaco vivo e stimolato da un disco ascoltato tutto d’un fiato, disco che si spegne nella lenta reprise della track d’inizio, Suburbs.
Chiosa di un capolavoro.