Gli ARCADE FIRE
e l’opera musicale mozzafiato:
THE SUBURBS
Il terzo album di questa scintillante band canadese, ne sancisce
l’entrata nell’olimpo dei grandi gruppi musicali
contemporanei, puntellando un’anima delicata scandita da violini
ed atmosfere emozionanti
di Lucio Sessa
È come se formiche e cicale si mettessero
d’accordo per una sintesi tanto inusuale
quanto prolifica. Come se angeli e demoni
trovassero un condensato tanto apparentemente
insolito quanto incredibilmente efficace.
La prima traccia, the Suburbs, è un’altalena fantastica
sulla quale cullarsi, apprestandosi ben disposti all’ascolto
di quello che probabilmente è di gran lunga
il miglior disco dell’anno: fantastica e sognante quanto
concreta e raffinata ballata, che precede Ready to start,
con la quale si parte verso la scoperta dell’album, introducendoci
per mano in un rock pulito che trae la
propria forza dalla bellezza dell’idea priva di aggiustamenti
e distorsioni, e dalla semplicità e dall’accuratezza
degli accordi. Un disco potente, dove per
potenza non si intende il rumore dei watt sparati a
tutto volume, ma il trascinare l’ascoltatore nella bellezza
scintillante delle melodie, curate, leggere. Godibilità
d’ascolto, semplicità, orecchiabilità: tutto privo di banalità,
non esiste il “già sentito”, previsto dai clichè,
che finisce per sostituirsi a qualsiasi fenomeno innovativo,
dopo i primi tempi di novità assoluta. Un disco
che rende giustizia a quella magia che accompagna e
puntella la vita quotidiana di chi vive anche di musica.
È sufficiente ascoltare la terza traccia Modern man,
per capire che questo è un lavoro da ascoltare rimirando
la copertina, girandola tra le mani, come a voler sancire
un definitivo e delicato possesso di un’anima musicale
conquistata. Accordi incisivi, sfocianti nella “obliqua”
ed introduttiva quarta traccia, Rococo, verso un lanciatissimo
5° episodio, Empty room, veloce e generoso
puntello rock’n’roll d’altri tempi, con atmosfere d’archi
e violini che ricordano lavori eccelsi quali Adore degli
smashing pumpkins, tanto per capirci. City with no
children, è un’altra ballata monocorde, introduttiva…
l’attesa non è vana: Half Light I, è in punta di dita. Settimo
sigillo, è il caso di dirlo, di una potente delicatezza,
che scuote. È assodato, ormai: ci troviamo di fronte ad
un capolavoro assoluto. Ricercato, raffinato, suonato
con la tecnica della mente ed il battito, forte, di un
cuore pulsante. Half Light II, più che un proseguimento
della prima parte, introduce un periodo diverso nel
disco e Suburban War, non ci smentisce: cupo, vibrante,
forte, che non eccede nei suoni, ma lascia percepire la
tensione lirica del brano. L’intreccio suadente ma non
privo di tensioni e pulsioni vive, si spezza in Month of
may, ricordando 4 energici accordi di stampo punk
che spezzano una quiete apparente. Wasted hours, riporta
all’ascolto del brano di apertura, dove ci si
trovava su una fantastica altalena: aria fresca, leggera,
benefica. Come aprire una finestra in una stanza
chiusa da tempo, e beneficiare immediatamente della
nuova linfa percepita dai polmoni, dal cervello, nel
sangue. Deep Blue, dodicesimo passaggio, ci riporta
ad un gioco di chiaroscuro, che decolla dipanandosi
in melodie che si adagiano, collimando in accordi
perfetti: chitarra, piano, batteria, basso, una leggera
eppur profonda sinfonia. Restiamo sorpresi dalla
splendida We used to wait, solenne nell’austera atmosfera
epica sfornata dalle corde musicali toccate ed
accarezzate con decisione, dove per austera si intende
priva di fronzoli, che mira dritta all’anima, senza tentennamenti.
Infine, gli Arcade Fire, decidono di regalare
una struggente perla, Sprawl. Questa profondità, è
molto più di una tristezza apparente: è un disco di
una dolcezza infinita, pur nei toni drammatici che assume.
Sprawl II esce dal tunnel lento pieno di colori
nel quale ci siamo infilati, tentando di restituire ritmi
che accompagnano un battito cardiaco vivo e stimolato
da un disco ascoltato tutto d’un fiato, disco che si
spegne nella lenta reprise della track d’inizio, Suburbs.
Chiosa di un capolavoro.
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