Nel profondo del mare trattenendo il respiro
Apnea non più come una sfida estrema di uomini eccezionali,
ma come possibilità offerta a tutti di vivere il mondo marino.
Apnea come avventura sommersa in cui ritrovare se stessi.
Apnea come improbabile, quanto suggestivo, ritorno al grembo materno
Testi e foto di Antonio Mancuso
L'ambiente subacqueo è un mondo misterioso
e affascinante che l’uomo ha
da sempre cercato di conquistare. Solo
in tempi relativamente recenti, tuttavia, si è avuto
modo di esplorarlo, e questo grazie alla moderna tecnologia
che ha permesso la realizzazione di attrezzature
sempre più sofisticate, in grado, cioè, di farci raggiungere
risultati fino a non molto tempo fa inimmaginabili.
La possibilità di immergersi con l’ausilio di apparecchiature
autonome di respirazione particolarmente
complesse, capaci, comunque, di garantire a coloro
che ne fanno ricorso elevati standards di sicurezza, e
l’opportunità di inviare negli abissi marini speciali
robot teleguidati muniti di occhio elettronico, ha dato
alle attuali generazioni la facoltà di conoscere le meraviglie
nascoste in fondo al mare, lasciando inesplorate
solo piccole porzioni abissali di
questo mondo straordinariamente
conturbante, ma allo stesso tempo
ricco di seduzione.
Se ci si pensa bene, però, ciò che a
spinto i primi uomini a confrontarsi con un mondo
sotto certi versi inquietante, è stato lo spirito del cacciatore.
Andare a catturare in un ambiente ostile all’uomo
prede nate e cresciute in fondo al mare, infatti,
è stata la molla che ha spinto i pionieri delle discipline
subacquee a sfidare se stessi, sperimentando sulla
propria pelle (a volte a costo della loro stessa vita)
quello che in seguito la fisica e gli studi sulla fisiologia
del corpo umano in immersione hanno meglio spiegato.
Grazie al coraggio di quei primi temerari, dunque, oggi
l’esplorazione subacquea non riserva più le difficoltà
di un tempo e, sempre grazie a loro, le bellezze del
mondo sommerso sono alla portata di tutti.
Andare sott’acqua non è più una prerogativa di pochi
“eletti” e farlo con l’ausilio di apparecchiature autonome
di respirazione (seguendo, ovviamente, i necessari
corsi d’immersione), è una possibilità
offerta a chiunque lo desideri,
a patto, però, che il proprio fisico
sia integro e, naturalmente, opportunamente
allenato. In questo contesto, dove gli orizzonti subacquei sono stati aperti a
quanti desiderano visitarli senza particolari sforzi, tuttavia,
vi è una folta schiera di appassionati che ha
scelto di immergersi senza l’aiuto di apparecchiature
che permettano loro di respirare sott’acqua, contando,
quindi, esclusivamente sull’aria contenuta nei propri
polmoni: in apnea. Il fascino dell’apnea è un fascino
discreto e chi ha scelto di immergersi in questo modo
lo fa senza clamore e a costo di notevoli sacrifici.
Lontano dall’occhio delle telecamere, gli apneisti
sfidano le profondità marine, superando spesso ataviche paure, in un tuffo che dura solo quella manciata di secondi
che la propria autonomia gli concede, in una
sorta di confronto con la propria intimità. L’apnea,
dunque, diventa per loro una filosofia di vita e poco
importa se il gesto tecnico-sportivo lo si compie per
andare a cacciare il pesce per la cena, se per puro
diletto o, infine, per superare i propri limiti. Un ultima
inspirazione profonda, quindi, e poi giù, sempre più
giù, soli con se stessi, in quella che per molti non è
una discesa in fondo al mare, ma rappresenta la realizzazione
delle proprie aspirazioni.
APNEA PERCHÉ
Apnea, perché per i tempi di una subacquea ipertecnologica e superaccessoriata
è un ritorno alla semplicità.
Come un tornare alle origini, a quell'atavico istinto che ha spinto l'uomo,
cacciatore, a immergersi per la sopravvivenza.
Apnea, dunque, come semplicità.
Il ritrovarsi a contatto del mare contando unicamente sulle proprie risorse
psico-fisiche.
Apnea come filosofia di vita.
Apnea come poesia.
Senza nulla togliere alle didattiche delle immersioni con autorespiratori,
che hanno avuto il grande pregio di consentire ad un numero sempre
crescente di persone di esplorare i fondali marini, si è ormai diffuso un
modo nuovo di confrontarsi con il mare e, perché no, con se stessi.
Apnea, dunque, non più intesa come improvvisazione, ma come scuola
di pensiero che vede il sub tecnicamente preparato e conscio delle problematiche
connesse ad un tipo d’immersione in cui, volutamente, le
funzioni respiratorie vengono temporaneamente interrotte.
Le sfide con gli abissi marini: l'uomo e il palombaro (1950 - Raimondo
Bucher, che per primo raggiunse i -30 metri togliendo dalle mani di un
palombaro un plico sigillato contenente la pergamena della sfida), la soglia
dei -50 metri (1961-Enzo Maiorca che supera la fatidica soglio oltre
la quale si riteneva che la cassa toracica implodesse inesorabilmente), il
muro dei - 100 metri (1976-Jaques Mayol, che nell'entusiasmante sfida
a distanza con l'italiano Maiorca supera questa quota), frutto del temperamento
e della forza fisica di campioni, fanno ormai parte di un recente
passato che sembra lontano anni luce.
Oggi l'immersione in apnea ha una propria didattica che ha, come obiettivo
prioritario, quello di formare l'uomo subacqueo attraverso lo sviluppo
delle sue capacità e il miglioramento della preparazione fisica e mentale,
allo scopo di raggiungere la massima sicurezza in acqua.
Ed andare sott'acqua (in apnea), oggi, va inteso come la capacità di
adattare alle nuove condizioni psico-fisiche, che scaturiscono da stimoli
e reazioni differenti rispetto a quelli che si provano nella quotidianità.
Star bene sott'acqua, quindi, e senza mai perdere di vista il fattore fondamentale
della sicurezza.
L'apnea non può che essere sinonimo di salute fisica e mentale.
Non a caso, i campioni di questa disciplina (espressione estrema dello
sport “No-limits”), legano le loro performance non più, esclusivamente,
a faticosi allenamenti fisici, ma anche alla filosofia orientale dello Yoga o
alla tecnica occidentale del Training Autogeno.
Ma, se l'apnea estrema, è affermazione del singolo, il successo di discipline
ad essa legate testimonia quanto sia sentito il bisogno di un nuovo
approccio verso il mare.
A partire dallo snorkeling, primo “timido” tentativo riservato soprattutto a
giovani allievi di scoprire i segreti del mondo sommerso, per continuare
con i gradi di specializzazione, fino a concludersi con la pesca in apnea.
Apnea, quindi, non più come una sfida estrema di uomini eccezionali,
ma come possibilità offerta a tutti di vivere il mondo marino da una prospettiva
diversa da quella data da un litorale più o meno affollato o da
un'imbarcazione. Apnea, quindi, come avventura sommersa in cui ritrovare
se stessi. Apnea, quindi, come improbabile, quanto suggestivo, ritorno
al grembo materno.
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