MTM n°28
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 11 - Numero 1 - gen/apr 2012
L'angolo - Economia
 


Antonio Di Majo
Antonio Di Majo

Anno 11 - Numero 1
gen/apr 2012

 

Studi mostrano che nel nostro paese la diseguaglianza si è ridotta notevolmente tra gli anni sessanta e gli anni novanta, ma nel corso degli ultimi due decenni è tornata a crescere


Purtroppo le previsioni attuali per le economie europee non sono rosee e si può prevedere che sicuramente ancora per qualche anno la situazione dei "poveri" non migliorerà, anzi potrà peggiorare




L'EVOLUZIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEI REDDITI DEGLI ITALIANI E LA POVERTÀ
La crisi internazionale ha riportato alla ribalta il problema della povertà, anche nei paesi "ricchi"
di Antonio Di Majo

spesaFINO A QUALCHE ANNO FA si trattava di un problema che veniva spontaneamente collegato ai paesi "poveri". I dati statistici confortavano questa opinione. Per restare al nostro paese, il reddito procapite, che era pari al 55% di quello degli USA nel 1960, aveva raggiunto negli anni novanta più del 70%, e si era trattato, per entrambi i paesi, di redditi in crescita poderosa nel corso di quei decenni. La diffusione del benessere, fino a raggiungere gli strati meno favoriti della popolazione, si riteneva che sarebbe continuata con il persistere dello sviluppo fino a condurre, in tempi ragionevoli, alla sconfitta definitiva della povertà. Ma nel successivo decennio il trend si è invertito: siamo tornati a una percentuale vicina al 60 percento, con un tendenza che nel nostro paese risulta più accentuata che in altri paesi europei (si vedano i dati riportati da L. Cannari e G. D'Alessio nel volumetto sulle "Famiglie italiane", edito dal Mulino nel 2010, in particolare pag.42).
Nell'ultimo mezzo secolo si è modificata la distribuzione complessiva dei redditi delle famiglie italiane: l'indicatore più frequentemente adottato a livello internazionale (indice di Gini) mostra che nel nostro paese la diseguaglianza si è ridotta notevolmente tra gli anni sessanta e gli anni novanta, ma nel corso degli ultimi due decenni essa è tornata a crescere. Nei confronti internazionali attualmente stiamo meglio di pochi paesi (gli USA, Israele, il Portogallo, tra quelli di dimensioni significative), mentre la situazione è più equa nella maggioranza degli altri paesi europei di non piccole dimensioni. La distribuzione complessiva più equa raggiunta nei decenni passati era stata caratterizzata, tra l'altro, da un forte miglioramento della situazione economica degli anziani, oltre che dei lavoratori dipendenti. Si registra attualmente, invece,un peggioramento e le prospettive sono, a condizioni immutate, ancora meno rosee: il sistema pensionistico prospetta un futuro gramo per gli attuali lavoratori. Le pensioni basate sul sistema contributivo, ossia commisurate a frazioni delle attuali "basse" retribuzioni della maggioranza dei giovani lavoratori, lasciano prevedere redditi modesti per i "futuri" anziani. Anche la forte disoccupazione giovanile, oltre a esprimere il disagio economico e sociale del tempo presente, può rappresentare, in assenza di inversioni di tendenza, un rafforzamento delle tendenze appena indicate. Le informazioni statistiche su grandezze diverse dal reddito (individuale o familiare) complessivo, come quelle sui consumi, sulle abitazioni, sulla ricchezza confermano il peggioramento delle tendenze perequative sul complesso della popolazione, ma anche che l'area della povertà ha ripreso ad estendersi, dopo decenni di contrazione. Gli indici di "povertà assoluta", che fanno riferimento a panieri di beni ritenuti essenziali per la vita di famiglie che vivono in comunità definite nel tempo e nello spazio (i panieri, quindi, si modificano con l'evoluzione del contesto socioeconomico di riferimento), danno indicazioni non rassicuranti.
Per qualche anno la situazione dei poveri non miglioreràÈ vero che queste misurazioni sono soggette a numerose difficoltà metodologiche, oltre che di pratico reperimento dei dati, e che nel lungo periodo il contesto di riferimento cambia il contenuto dei panieri e dei corrispondenti prezzi (all'inizio degli anni cinquanta l'Istat teneva conto della possibilità di consumare zucchero e della disponibilità di scarpe, mentre oggi considera anche i prodotti che servono ad assicurare un certo stato di salute), ma come sembra indubbia la minore povertà degli anni novanta rispetto al passato, così il trend più recente sembra andare nella direzione opposta. Si rimanda al volume citato per approfondimenti, ma per dare un'idea della situazione attuale si osservi che l'Istat ha stimato che nel 2007 la spesa minima per restare al di fuori della povertà era di 600 euro per una famiglia di 2 persone di un piccolo comune del Mezzogiorno e di 1000 euro mensili in un comune metropolitano del Nord e entro queste soglie si collocano alcuni milioni di persone. La modifica delle situazioni familiari, rispetto ai decenni precedenti, la crescente incidenza di una immigrazione non sempre destinata a occupazioni sufficientemente remunerate, e tutte le altre note condizioni di disagio sociale fanno prevedere che le condizioni di povertà andranno aggravandosi, se non si verificherà prima di tutto una nuova fase di forte sviluppo del prodotto complessivo, che potrà assicurare maggiori disponibilità di risorse sia per chi partecipa direttamente ai processi produttivi sia per gli attuali "emarginati" da tali processi, da reintegrare ovvero, nei casi impossibili, da assistere. Purtroppo le previsioni attuali per le economie europee non sono rosee e si può prevedere che sicuramente ancora per qualche anno la situazione dei "poveri" non migliorerà, anzi potrà manifestare peggioramenti. Si può concludere con una sintetica notazione su attuali situazioni di povertà in Italia: «la frequenza di casi di povertà tra i nuclei familiari che includono figli minorenni è relativamente elevata per quelli con più di 2 figli e per quelli in cui il coniuge non svolge un'attività lavorativa; essa è altresì relativamente molto elevata tra i nuclei residenti nel Mezzogiorno». (Cannari e D'Alessio, op. cit., p. 64)