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Il
Dott. Eugenio Raimondo
Direttore scientifico e
responsabile editoriale.
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Una diagnosi errata
di Eugenio Raimondo
direttore@mtmweb.it
Quando tutto ormai ti sembra finito, una grave malattia sta portando via
una persona cara e ti senti dire «purtroppo la prognosi è
grave, le rimangono pochi mesi di vita», non perdere la speranza.
Questo perché è l’uomo che interpreta dei dati e pertanto
può sbagliare. Allora, non abbandonarti all’inevitabile ma
scuotiti, apri gli occhi e comincia a guardare intorno.
Purtroppo è successo a me, ad un medico.
A mia madre, per una grossa massa renale dx (circa 10cm) e sn (circa 2cm)
con profuse e confluenti metastasi retroperitoneali intorno alla vena
cava (pacchetti linfonodali) e sopraclaveari, ricoverata presso un noto
Centro Universitario Romano, le è stato diagnosticato un grave
tumore renale ormai in stadio avanzato.
È stato deciso così di sottoporla a nefrectomia totale dx
e parziale sx con probabile dialisi futura e escissione dei pacchetti
linfonodali, ove più possibile, in attesa ovviamente dell’esito
infausto.
Non mi sono mai rassegnato a tale diagnosi anche se i colleghi mi facevano
notare che dall’aspetto delle masse rilevate alla TAC non poteva
trattarsi di altro tipo di tumore.
Ma un passaggio mancava, forse il più importante: la diagnosi istologica.
Così, dimessa dal 1° ricovero, effettua in Day Hospital la
biopsia del linfonodo sopraclaveare presso l’ospedale «Il
Gemelli» dalla quale si effettua la diagnosi istologica di linfoma
N-H, confermata successivamente da una biopsia renale presso l’ospedale
«S. Eugenio». Il trattamento, come sappiamo, diventa chemioterapico
(CHOP) con enorme aspettative di vita.
Dopo il 3° ciclo la grossa massa si è ridotta dell’80%.
Ringrazio l’equipe di Ematologia del Prof. Amadori dell’Università
di «TorVergata» ed in particolare il Dr. Alessio Perrotti
che mi hanno confermato che non bisogna perdere la speranza.
Lettere al Direttore
Gent.mo Dott. Raimondo, riferendomi alla prima pagina del Medical Team
Magazine del numero II, di cui lei è Direttore e, in particolare,
al suo editoriale «Dicono di Noi» mi rallegro che un medico
riesca ad essere obiettivo e a vedere il lato umano delle persone sofferenti;
mi fa piacere sapere che c’è qualcuno «e spero che
insieme a lui ce ne siano molti» che sappiano curare il sintomo
del male, ma è ancora più importante che un medico sappia
comprendere, come lei ha ben scritto, lo stato generale del paziente rivolgendosi
con cortesia e disponibilità. Noi pazienti non vogliamo essere
un numero, ma desideriamo essere rassicurati e tutti uguali, senza selezioni
di classe o di simpatia.
Io mi sento fortunata nel sapere che il Dott. Raimondo la pensi come me
e mi complimento per la sua rivista e i suoi scritti, che spero vengano
recepiti e non restino solo delle favole, mi auguro, inoltre, che rinasca
davvero la figura del medico di un tempo: bravo e attento conoscitore
dei suoi pazienti.
Distinti saluti e grazie
Maria Pia Angelozzi
Spettabile Redazione Medical Team Magazine, sono un medico che vive e
lavora a Roma e si occupa di Medicina Generale e Omeopatia. Casualmente
ho avuto l’occasione di consultare la Vostra rivista, che ho trovato
molto interessante e particolarmente innovativa nel modo di affrontare
gli argomenti trattati. Condivido appieno, inoltre, l’editoriale
del collega e Direttore Responsabile della rivista, Eugenio Raimondo,
che compare nel n. 2 dell’anno 2002. Proprio quanto espresso dal
Vostro Direttore mi ha indotto a scrivere questa mia lettera […].
Nell’attesa di un Vostro molto gradito riscontro, porgo distinti
saluti.
Dr. Francesco Candeloro
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