MTM n°5
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 2 - Numero 3/4 - mag/ago 2003

Comune di Roma - Diversamente abili
 



L’handicap lo crea la società
Intervista all’On. Ileana Argentin, Delegata alle Politiche dell’Handicap del Comune di Roma
di Laila Visentini


On. Ileana ArgentinSi può parlare di categorie di disabili più o meno svantaggiate rispetto ad altre?
Certamente, ma questo è dovuto a fattori esterni: problemi economici, problemi familiari, la mancanza di un genitore, ecc… Non si può però affermare che un cieco presenta aspetti più svantaggiosi rispetto ad un carrozzato o quest’ultimo nei confronti di un malato mentale, si darebbe vita ad una guerra tra poveri.

In cosa consiste il progetto “Roma ad occhi chiusi”?
È una mappatura di alcuni municipi in base alla legge sul decentramento, realizzata a livello territoriale, che permette di disporre a norma percorsi per disabili e di costruire lì, dove non vi sono, progetti per non vedenti. Stiamo lavorando molto sulla periferia dove ci sono stati dei veri e propri episodi di intolleranza; ad esempio sulla Tiburtina in seguito all’istallazione di uno di questi semafori, un edicolante della zona, stufo del suono, lo ha danneggiato colpendolo a bastonate.

Come commenta la sua affermazione: «non mi sento una “portatrice di handicap” perché l’handicap non lo portiamo, ce lo crea la società»?
Credo che il vero problema di questa società non siano le barriere architettoniche bensì le barriere culturali. Ancora oggi quando esco sono “indicata con il dito”. Ciò che danneggia la persona con disabilità è proprio la solitudine creata dall’esistenza di queste barriere. Superarle significherà aver risolto il problema della disabilità. Va comunque precisato che il problema dell’handicap a volte nasce per volontà dello stesso soggetto portatore, in altre parole la barriera la crea lui.
Provocatoriamente, posso affermare che noi non vogliamo guarire, qualcuno l’ha deciso per noi, in realtà non vorrei essere diversa da quella sono. La malattia rappresenta una realtà che va distinta dalla patologia, che è il vero e proprio male: essere disabili rimane qualcosa di differente. Ho una patologia genetica, per cui ogni giorno cambio. Ma su che basi dovrei essere diversa da quella che sono? Attenzione, non sono “la matta del villaggio” che afferma di non voler guarire, ciò che voglio dire è semplicemente che il mio percorso di vita è diverso da quello di un’altra persona giudicata sana.

Troviamo spesso molte difficoltà a comprendere la terminologia più adatta per riferirci al mondo della “disabilità”. Quale linguaggio andrebbe più correttamente utilizzato?
Oggi il termine che va molto di moda è senz’altro “diversamente abile”. Il termine “disabile” non va più bene in quanto svalorizza; “handicappato” è un termine errato, perché l’handicap non si porta ma te lo creano. Personalmente penso che siamo degli “sfigati”, detto questo utilizzate il linguaggio che preferite.

Come il futuro della teconologia cambierà le sorti del disabile?
Senza tecnologia la qualità della nostra vita peggiorerebbe notevolmente. Gli strumenti sanitari-tecnici sono fondamentali: scriviamo con i computer vocali, ecc… Credo che i medici dovrebbero farsi garanti insieme a noi, in qualità di utenza, del nomenclatore tariffario, che è un documento dove vengono riposti tutti gli ausili gratuiti, che eroga la Regione, finanziati dal Governo. Un loro assenso sarebbe per noi fondamentale.


Pronto Ileana
Filo diretto con i problemi dell’handicap

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