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L’handicap
lo crea la società
Intervista all’On. Ileana Argentin, Delegata alle Politiche dell’Handicap
del Comune di Roma
di Laila Visentini
Si
può parlare di categorie di disabili più o meno svantaggiate
rispetto ad altre?
Certamente, ma questo è dovuto a fattori esterni: problemi economici,
problemi familiari, la mancanza di un genitore, ecc… Non si può
però affermare che un cieco presenta aspetti più svantaggiosi
rispetto ad un carrozzato o quest’ultimo nei confronti di un malato
mentale, si darebbe vita ad una guerra tra poveri.
In cosa consiste il progetto “Roma
ad occhi chiusi”?
È una mappatura di alcuni municipi in base alla legge sul decentramento,
realizzata a livello territoriale, che permette di disporre a norma percorsi
per disabili e di costruire lì, dove non vi sono, progetti per
non vedenti. Stiamo lavorando molto sulla periferia dove ci sono stati
dei veri e propri episodi di intolleranza; ad esempio sulla Tiburtina
in seguito all’istallazione di uno di questi semafori, un edicolante
della zona, stufo del suono, lo ha danneggiato colpendolo a bastonate.
Come
commenta la sua affermazione: «non mi sento una “portatrice
di handicap” perché l’handicap non lo portiamo, ce
lo crea la società»?
Credo che il vero problema di questa società non siano le barriere
architettoniche bensì le barriere culturali. Ancora oggi quando
esco sono “indicata con il dito”. Ciò che danneggia
la persona con disabilità è proprio la solitudine creata
dall’esistenza di queste barriere. Superarle significherà
aver risolto il problema della disabilità. Va comunque precisato
che il problema dell’handicap a volte nasce per volontà dello
stesso soggetto portatore, in altre parole la barriera la crea lui.
Provocatoriamente, posso affermare che noi non vogliamo guarire, qualcuno
l’ha deciso per noi, in realtà non vorrei essere diversa
da quella sono. La malattia rappresenta una realtà che va distinta
dalla patologia, che è il vero e proprio male: essere disabili
rimane qualcosa di differente. Ho una patologia genetica, per cui ogni
giorno cambio. Ma su che basi dovrei essere diversa da quella che sono?
Attenzione, non sono “la matta del villaggio” che afferma
di non voler guarire, ciò che voglio dire è semplicemente
che il mio percorso di vita è diverso da quello di un’altra
persona giudicata sana.
Troviamo spesso molte difficoltà
a comprendere la terminologia più adatta per riferirci al mondo
della “disabilità”. Quale linguaggio andrebbe più
correttamente utilizzato?
Oggi il termine che va molto di moda è senz’altro “diversamente
abile”. Il termine “disabile” non va più bene
in quanto svalorizza; “handicappato” è un termine errato,
perché l’handicap non si porta ma te lo creano. Personalmente
penso che siamo degli “sfigati”, detto questo utilizzate il
linguaggio che preferite.
Come il futuro della teconologia
cambierà le sorti del disabile?
Senza tecnologia la qualità della nostra vita peggiorerebbe notevolmente.
Gli strumenti sanitari-tecnici sono fondamentali: scriviamo con i computer
vocali, ecc… Credo che i medici dovrebbero farsi garanti insieme
a noi, in qualità di utenza, del nomenclatore tariffario, che è
un documento dove vengono riposti tutti gli ausili gratuiti, che eroga
la Regione, finanziati dal Governo. Un loro assenso sarebbe per noi fondamentale.
Pronto
Ileana
Filo diretto con i problemi dell’handicap
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e lascia un messaggio nella segreteria telefonica con il tuo nome, numero
di telefono ed una domanda chiara e sintetica. Ti risponde Ileana Argentin,
consigliera delegata per l’Handicap del Comune di Roma, nel corso
del programma tv Pronto Ileana filo diretto con i problemi dell’handicap
in onda tutti i venerdì alle 21,30 su Super3.
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