Nuove tecniche di terapie integrate nel trattamento chirurgico
delle neoplasie digestive localmente avanzate.
Intervista al Dott. Sergio Alfieri
di Eugenio Raimondo
La chemioterapia intraoperatoria
intraperitoneale in ipertermia a 42°C permette l’azione diretta
del farmaco sulle cellule staminali.
Sergio
Alfieri,
nato a Roma nel 1966, Specialista in Chirurgia Generale.
Ricercatore Universitario in Chirurgia Generale e
Dirigente Medico di I° Livello presso la Divisione di Chirurgia
Digestiva dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Docente della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale.
Ha pubblicato oltre 150 articoli su riviste nazionali ed internazionali.
Ha concentrato la sua attività di ricerca ed operatoria sui
trattamenti integrati radio-chemio-chirurgici
per i tumori gastrointestinali localmente avanzati.
Ha effettuato oltre 2000 interventi come primo operatore e come aiuto.
Dr. Alfieri, Quali sono i tumori
digestivi localmente avanzati più comuni?
I più diffusi, in ordine di incidenza, sono i tumori maligni del
colon-retto, dello stomaco e del pancreas; il più temibile è
sicuramente il tumore del pancreas, la cui prognosi è spesso infausta
sia per le sue caratteristiche biologiche che per la diagnosi che viene
fatta spesso in fase tardiva.
Quali sono le novità in
campo chirurgico per queste neoplasie avanzate?
Risultati interessanti si cominciano ad avere dall’applicazione
delle nuove terapie integrate, intraoperatorie, che mirano a personalizzare
il trattamento per singolo paziente e per singolo tumore, allargando quindi
il numero di pazienti suscettibili di un intervento chirurgico radicale.
In che cosa consistono e a chi
sono rivolte queste terapie integrate intraoperatorie?
In particolare nei tumori gastrici o del colon in cui è presente
contestualmente una carcinosi peritoneale viene eseguita, dopo l’exeresi
chirurgica del tumore primitivo e degli impianti di carcinosi peritoneale,
una Chemioterapia Intraoperatoria Intraperitoneale in Ipertermia a 42°C.
La maggiore novità di questa terapia è rappresentata dalla
scelta della via di somministrazione del chemioterapico e dal timing intraoperatorio.
La somministrazione della miscela di chemioterapico (circa 2 litri) direttamente
nella cavità peritoneale permette infatti l’azione diretta
del farmaco nelle sedi in cui erano impiantate le cellule tumorali.
Il timing intraoperatorio viene scelto poiché permette al chirurgo
di distribuire manualmente il chemioterapico su tutta la superficie del
peritoneo e sulle anse intestinali nei 90 minuti di durata della procedura;
in tal modo vengono eliminate eventuali cellule neoplastiche libere in
peritoneo, che altrimenti potrebbero impiantarsi o microfoci di carcinosi
residue che potrebbero accrescersi nuovamente durante la fase di cicatrizzazione
post-operatoria.
L’ipertermia a 42°C permette una maggiore penetrazione del farmaco
a livello peritoneale e determina di per sé un effetto nocivo sulle
cellule neoplastiche.
In definitiva lo scopo di questa procedura è quello di trattare
quelle forme neoplastiche avanzate, che nel passato e alcune volte ancora
oggi vengono considerate inoperabili e che invece in casi selezionati
ed in centri specializzati possono essere suscettibili di un trattamento
anche con intento curativo.
Il trattamento radio-chirurgico, che presenta gli stessi vantaggi della
via di somministrazione e del timing già descritti, ha trovato
invece la sua migliore applicazione nei tumori del retto medio-basso (extraperitoneale)
localmente avanzati e per alcuni tumori del pancreas. Tale trattamento
ha lo scopo di ridurre la percentuale di recidiva locale dopo l’exeresi
chirurgica del tumore primitivo. La somministrazione della radioterapia
intraoperatoria (Iort), che viene eseguita direttamente nella sede dove
era presente la neoplasia, ha lo scopo di distruggere anche i residui
tumorali microscopici. Tale trattamento combinato Chirurgia+Iort (spesso
preceduto da una chemio-radioterapia preoperatoria) ha dato risultati
molto positivi in termini di sopravvivenza a distanza per le neoplasie
rettali, migliorando invece solo leggermente i risultati nelle forme pancreatiche
che come sappiamo sono di per sé le più aggressive nell’ambito
gastro-intestinale.
Quali
sono le strutture a cui fare riferimento per queste terapie integrate?
Esistono oggi in Italia diversi centri oncologici che attuano con successo
i protocolli di chemio-radioterapia preoperatoria e Iort per il trattamento
chirurgico del cancro del retto.
Mi fa però piacere ricordare come proprio la Divisione di Chirurgia
Digestiva del Policlinico Gemelli di Roma, con il primario Prof. Doglietto,
sia stata tra le prime in Italia a sperimentare circa 15 anni or sono
la Iort nel trattamento chirurgico del cancro del retto. Tale protocollo
rappresenta oggi patrimonio comune per molti centri oncologici. Il discorso
invece cambia per la chemioterapia intraperitoneale intraoperatoria in
ipertermia. Tale trattamento viene ancora oggi eseguito solo in pochi
centri, altamente specializzati, come il Policlinico Gemelli, sia per
la complessità dei casi trattati che per le problematiche intra-
e post-operatorie che richiedono un personale dedicato altamente specializzato.
Quale ruolo ritiene abbia, in tale
ambito, il medico di medicina generale?
È indispensabile. È importante infatti che tra il medico
di famiglia e il chirurgo vi sia una stretta collaborazione ed un flusso
continuo di informazioni che riguardi sia quelle relative al malato che
quelle concernenti la ricerca e le nuove strategie terapeutiche. Tutto
questo a vantaggio dell’utente che potrà essere così
consigliato al meglio ed indirizzato nel Centro più idoneo per
la cura della sua malattia; il paziente si vedrà quindi seguito
da una unico team, medico di famiglia - specialista chirurgo, durante
e dopo il trattamento della sua malattia.
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