Le
polveri aerodisperse
del Dott. Luigi Paoletti
Dirigente di Ricerca, Dipartimento di Tecnologie
e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
del Dott. Achille Marconi
Primo Ricercatore, Dipartimento dell’Ambiente
e Connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore di
Sanità www.iss.it
Caratteristiche del materiale particellare aerodisperso
Gli aerosol atmosferici [o materiale particellare aerodisperso]
sono una miscela complessa di particelle piccole e grandi, sia emesse
direttamente nell’atmosfera, che prodotte durante i processi
di conversione gas-particelle. Le sorgenti di aerosol atmosferico
sono naturali e antropiche. Le dimensioni delle particelle costituiscono
il parametro più importante per la descrizione del loro comportamento
e della loro origine; la composizione chimica, la rimozione, ed
il tempo di residenza nell’atmosfera sono tutte caratteristiche
correlate con le dimensioni delle particelle. Negli ambienti ad
intensa urbanizzazione le particelle aerodisperse derivano essenzialmente
dai processi di combustione di sorgenti mobili, come i veicoli a
motore, e di sorgenti fisse, come gli impianti per la produzione
di energia. Le caratteristiche chimico-fisiche del Mpa sono fortemente
dipendenti dal tipo di meccanismi della sua formazione e dal tipo
di sorgente. Le particelle ambientali sono generalmente comprese
in un intervallo di diametri tra 0.01 mm e 100 mm.
Gli standards di qualità
dell’aria
Le evidenze di effetti sanitari hanno indotto molti paesi ed organizzazioni
internazionali a revisionare gli standard di qualità dell’aria
[Sqa] esistenti per il Mpa. recentemente anche nell’Unione
Europea [Ue] con la direttiva 1999/30/Ec, nella quale sono stabiliti
i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il
Pm10. Per il Pm2.5 non viene fissato un valore limite, ma viene
richiesto agli stati membri di effettuare campionamenti e fornire
informazioni al pubblico anche su questo parametro.
La direttiva europea è stata recepita in Italia con il decreto
ministeriale [Dm] n. 60 del 2 aprile 2002. Nella Tabella 1 viene
riportato in modo sintetico il sistema di riferimento previsto dal
Dm [e dalla direttiva europea] per individuare i valori limite giornaliero
ed annuale per il Pm10 tenendo conto dei margini di tolleranza temporali.
I risultati degli studi condotti
presso l’Iss
Sulla base dei dati di Pm10 e Pm2.5, raccolti nella postazione dell’Istituto
Superiore di Sanità durante varie campagne di misura iniziate
dal 1993 ed in corso a tutt’oggi, é possibile affermare
che questi inquinanti presentano fluttuazioni temporali con valori
più elevati durante i mesi invernali, mentre i valori medi
su base annuale superano spesso 40 mg/m3 per il Pm10, e 30 mg/m3
per il Pm2.5. Per quanto riguarda la misura delle particelle Uf,
i risultati ottenuti finora mostrano come questa frazione di particelle
sia correlata con l’intensità dei flussi di traffico
[in particolare con la concentrazione di Co e di Nox] e aumenti
durante la stagione fredda, raggiungendo concentrazioni superiori
a 1•105 p/cm3 .
Recenti studi effettuati presso L’Istituito Superiore di Sanità
hanno permesso inoltre di acquisire importanti dati sulla composizione
del Pm10 campionato nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità,
caratterizzato da traffico autoveicolare medio-alto.
Queste ricerche sono state condotte mediante la microscopia elettronica
analitica a scansione [Sem]. Sostanzialmente il Pm10 è stato
classificato in quattro principali gruppi, o tipi, di particelle:
particelle carboniose [costituite da carbonio organico e/o inorganico];particelle
provenienti dall’erosione del suolo o di manufatti edilizi
[costituite da carbonati, silicati, silice]; particelle di origine
secondaria [costituite sostanzialmente da solfati]; particelle metalliche
o di ossidi metallici [composte principalmente da ossido di Fe,
ma anche da Al, Cr, Ni, Ti, Zn, Cu].
L’insieme dei dati ottenuti ha evidenziato molto chiaramente
il ruolo di veicolo di sostanze o composti tossici, come idrocarburi,
solfati acidi e metalli pesanti, svolto nell’ambiente urbano
dal Pm10.
Particolato
inalabile nelle aree urbane e salute dei bambini
del Dott. Riccardo Pistelli
Università Cattolica del Sacro
Cuore-Complesso Integrato Columbus
L’attenzione nei confronti
del particolato inalabile, come inquinante delle aree urbane, è
notevolmente aumentata negli ultimi dieci anni del secolo scorso.
Alcuni cambiamenti avvenuti nell’utilizzazione dei combustibili
per il riscaldamento domestico, con la diffusione del metano come
combustibile principale e la conseguente riduzione delle concentrazioni
di solfati e anidride solforosa, e il contemporaneo aumento del
traffico veicolare, che rappresenta attualmente la principale fonte
di inquinamento nelle aree urbane attraverso la produzione di particolato
inalabile, sono all’origine di questo aumento di attenzione.
I bambini, oltre a particolari categorie di persone portatrici di
alcune malattie croniche, sono fra i soggetti suscettibili su cui
sono stati indagati gli effetti dell’inquinamento urbano e
del particolato inalabile, che ne è il principale componente
nei paesi occidentali. Va aggiunto, per quanto riguarda i bambini,
che un’altra fonte di esposizione al particolato inalabile
è il fumo di sigaretta degli adulti negli ambienti chiusi,
con rilevanti effetti sulla salute. Uno dei primi studi sulla relazione
fra particolato inalabile e salute dei bambini è stato pubblicato
nel 1989 da Dockery e coll [Am Rev Respir Dis; 139: 587-594], utilizzando
i dati del Six Cities Study. Lo studio evidenziava un’associazione
fra indicatori di esposizione al particolato e tosse cronica, bronchite,
polmonite e otite. Al contrario, non si evidenziava una particolare
associazione fra particolato e asma, episodi di respiro sibilante
e raffreddore primaverile. L’associazione dell’esposizione
all’inquinamento urbano con tosse, catarro, polmoniti e otiti
è stata confermata anche in studi italiani, come quello eseguito
nel Lazio da Forastiere e coll nel 1992 [Int J Epidemiol; 21: 66-73]
o da Ciccone e coll in numerose aree italiane nel 1998 [Occup Environ
Med; 55: 771-778]. La relazione fra esposizione a particolato inalabile
e asma o malattie allergiche nei bambini è invece risultata
assente o debole in molti studi successivi a quello di Dockery,
compresi gli studi italiani sopra citati. Vi sono numerosi studi
a supporto dell’ipotesi che i prodotti della combustione dei
motori diesel, che costituiscono la parte più importante
del particolato inalabile urbano, possano favorire l’esposizione
agli allergeni ed innalzare i tassi di immunoglobuline E nei soggetti
allergici. Tuttavia questa azione di “promozione” della
condizione allergica sembra limitarsi a favorire lo sviluppo di
sintomi a carico dell’apparato respiratorio nei soggetti allergici
residenti in aree urbane. Infatti, contrariamente ad una opinione
popolare largamente diffusa, gli studi condotti in numerosi paesi,
come quello di von Mutius e coll in Germania nel 1994 [Am J Respir
Crit Care Med; 149: 358-364] o quello di Corbo e coll in Italia
nel 1993 [J Allergy Clin Immunol, 1993; 92: 616-623], non hanno
trovato alcuna evidenza a favore di una maggior frequenza di malattie
allergiche, o di sensibilizzazione mediante test cutanei, nelle
aree urbane a più elevato tasso di inquinamento. Possiamo
concludere queste note riassumendo le attuali evidenze scientifiche
come segue: i bambini sono soggetti particolarmente suscettibili
agli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento urbano,
la cui componente principale è il particolato inalabile;
i bambini allergici costituiscono un sottogruppo di soggetti particolarmente
suscettibili; la frequenza elevata della condizione allergica, frequenza
ancora in aumento per cause solo in parte note o supposte, fa si
che gli individui particolarmente suscettibili siano molto numerosi,
con gravi conseguenze per lo stato di salute della popolazione residente
nelle aree urbane.
Valori
limite di qualità dell’aria ambientale per Pm10 |
Direttiva Europea
30/99 Ce e Introdotti nel Decreto di Recipemento 60/20021
|
valore
limite annuale [-g/m3] |
Data di
Entrata in Vigore |
valore
limite su 24 ore2 [-g/m3] |
48.0 |
01.01.2000
|
75
|
46.4
|
01.01.2001
|
70
|
44.8
|
01.01.2002
|
65
|
43.2
|
01.01.2003
|
60
|
41.6
|
01.01.2004
|
55
|
40.0 |
01.01.2005 |
50 |
1] In questa fase é
prevista anche la misura del PM2.5 ed i piani per la riduzione
del PM10 comprenderanno anche la riduzione del PM2.5.
2] Da non superare
più di 35 volte l’anno.
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