Noi
medici abbandonati dai politici: "Sirchia ci ha traditi?"
A
colloquio con il Dott. Beniamino Baldacci, Presidente dell'Associazione
Medica Italiana
Direzione, redazione
e amministrazione: Via Merulana, 272 Tel 06.4746344 E-Mail: siameg@tin.it
di Vito Scalisi
Dott.
Beniamino Baldacci
Medico e chirurgo, specialista in Medicina
nucleare e in patologia generale.
Medico autorizzato alla sorveglianza
della protezione dalle radiazioni ionizzanti.
Consulente tecnico del Tribunale di Roma;
Presidente dell’Associazione Medica Italiana [Ami];
Presidente della Società italiana per l’aggiornamento
dei medici di medicina generale [Siameg].
La struttura pubblica nazionale è
andata incontro nell’ultimo decennio ad un lento e graduale
smantellamento. Di fronte alla privatizzazione incondizionata sopravvivono
ancora due antichi pilastri dell’antico servizio di assistenze
pubbliche garantite: la scuola e il Servizio sanitario nazionale,
a cui il cittadino non è disposto a rinunciare. Gli investimenti
previsti e le promesse fatte però non sono state mantenute
o non sono state all’altezza della situazione amplificando
scontri e malumori.
I medici di tutta Italia, sostenuti dalle associazioni di categoria,
sono scesi in piazza per protestare e chiedere con forza il rilancio
dell’intera struttura che rischia di essere schiacciata dalla
dilagante privatizzazione. È il grido di allarme che lancia
anche l’Ami attraverso il suo presidente, Beniamino Baldacci:
«Occorre lottare per riportare alta la nostra dignità
professionale, minata da proposte contrattuali a dir poco vergognose».
Ma le risposte tardano ad arrivare. L’Associazione medica
italiana coinvolge più di 1000 medici di tutta Italia. All’impegno
sindacale affianca un’ampia attività di tipo culturale
arricchita dalla realizzazione di un proprio giornale e dal parallelo
lavoro della Siameg, una riconosciuta società di aggiornamento
per medici preesistente all’introduzione dell’obbligatorietà
coatta all’aggiornamento. L’associazione è inoltre
da sempre impegnata nella difesa della professionalità della
figura del medico in tutte le varianti specialistiche.
Come giudica il lavoro dell’amministrazione pubblica
degli ultimi anni?
Il problema più grosso è senz’altro il rinnovo
del contratto nazionale dei medici. Sinora sono state avanzate solo
proposte vergognose. Se da un punto di vista economico le prospettive
sono irriguardose, da un punto di vista legale si disconosce totalmente
la nostra collocazione giuridica. Oggi il nostro rapporto parasubordinato
appare evanescente, la nostra continuità assistenziale è
incomprensibile. Non esiste da parte delle istituzioni politiche
la capacità di presentare un disegno chiaro che riordini
la sanità.
La struttura sanitaria nazionale attuale rappresenta un
residuo della struttura pubblica storica costruita in Italia a partire
dal dopoguerra. Va anch’essa smantellata come il resto delle
entità pubbliche o occorrerà intervenire diversamente?
Il Servizio sanitario nazionale non va demonizzato. Per quanto riguarda
i livelli assistenziali che oggi offre all’utente è
un sistema molto all’avanguardia. Questo sistema non va bandito,
va piuttosto emendato e migliorato. Manca però il “coraggio”
di farlo e il rinnovo del contratto nazionale è senz’altro
il nodo essenziale da risolvere per permettere di avviare queste
innovazioni. Nessuno ci prova dal 1979. Si cerca sempre di rinnovare
un contratto ormai vecchio, portando avanti una realtà incongruente
con il mondo di oggi.
L’Ami ha aderito agli scioperi nazionali della classe
medica?
Certamente. Abbiamo partecipato in maniera seria e compatta, anche
se talora la nostra spinta a contrapporci in modo deciso e costruttivo,
ha provato imbarazzo nel lavorare insieme ad altre sigle che tendono
ad utilizzare questi momenti per scopi diversi dalla reale crescita
della categoria.
Qual è stata l’adesione della categoria medica
italiana?
Secondo l’ultimo sondaggio fatto da un noto giornale medico
a livello europeo, la nazione italiana è risultata essere
quella con il più alto livello di malumore. Solo il 26% è
appena soddisfatto di quello che c’è.
È chiaro che il povero collega Ministro Sirchia non è
così amato dai medici italiani. Eppure la predisposizione
iniziale era stata altamente favorevole e ci si attendeva tanto
da lui.
Si susseguono casi di denunce per ricette facili. Qual è
la reale portata del problema?
Grandi scoop giornalistici sono sorti allorché sono stati
inquisiti 3mila medici, denunciati nei loro favoritismi a determinate
case farmaceutiche. Una situazione sicuramente problematica. La
gravità della situazione diminuisce di tanto se però
ci ricordiamo che i medici in Italia sono circa 350mila. Il numero
degli indagati diviene allora irrisorio se paragonato ad esempio
al numero di inquisiti presenti all’interno del parlamento
italiano. Il problema che in qualsiasi categoria ci possano essere
persone poco oneste è una realtà valida dappertutto.
Bisogna però difendere la gran massa di medici che ogni giorno
opera con dedizione facendo della propria professione una missione.
Ippocrate in tutto questo che fine ha fatto?
Ippocrate è il punto di scontro reale fra quelle che sono
le esigenze della parte amministrativa politica e il lavoro del
medico. Chi sente il peso di Ippocrate lavora estremamente male
in questo Ssn. Già il fatto di dover utilizzare la metà
del proprio tempo in attività burocratiche piuttosto che
nell’espletamento dell’attività di medico è
qualcosa che ci mette in grave crisi con noi stessi e con la nostra
coscienza.
Dubbi
medici
Un mio paziente, al quale per i suoi continui disturbi
avevo diagnosticato «colon irritabile», alla fine volle
interpellare un «professore». Questi, che «non
poteva» solo confermare la diagnosi, richiese 5 fogli di indagini
diagnostiche, dalle quali venne evidenziata una calcolosi colecistica,
che io non avevo ipotizzato per mancanza di sintomi specifici, mentre
il «professore» fece intendere al paziente [ed il paziente
a me: ha visto dottore che ho i calcoli?] che quella era la causa
dei suoi disturbi. Il paziente fu colecistectomizzato, ma i disturbi
non passarono.
Questo caso ci insegna che affidarsi acriticamente alle attuali
e sempre più numerose indagini diagnostiche è pericoloso
e talvolta fuorviante, perchè deve essere sempre il medico
a decidere che ciò che si è trovato con le immagini
è la causa dei disturbi del paziente. Soprattutto da quando
prende sempre più piede la convinzione che la semeiotica
fisica è diventata inutile! Luigi
Guacci
lguacci@libero.it
Onaosi,
una tassa d’altri tempi
Forse qualche medico non ricordava più neanche
che tale associazione esistesse più. Ma l’Onaosi grazie
alla finanziaria del 2003 [art. 52, comma 23, della legge 289/2002]
si è riaffacciata piena di pretese sul fatturato in uscita
dei medici italiani e stavolta sottoforma di tassa obbligatoria.
Nel mese di agosto infatti sono giunte a casa dei sanitari italiani
lettere e bollettini della Fondazione: 36 euro per i contribuenti
aventi età inferiore ai 33 anni; 18 euro per i contribuenti
aventi un’età superiore ai 67 anni [in alternativa
100 euro una tantum]; 144 euro per i contribuenti di età
compresa tra i 33 ed i 67 anni. Il totale incassato dall’Onaosi
si aggira così intorno a 70 milioni di euro l’anno.
Storicamente l’Opera Nazionale per l’Assistenza agli
Orfani dei Sanitari Italiani è un Ente senza scopo di lucro
nato nel 1874 a Perugia per opera del medico di Forlì, Luigi
Casati. L’Onaosi si occupa principalmente di sostenere gli
orfani dei sanitari attraverso diverse strutture di cui è
proprietaria. Possiede convitti a Perugia [3 sedi], Padova, Pavia,
Torino e Bari. Ha appena inaugurato una residenza per anziani a
Montebello [Pg]. La prima legge che obbliga i sanitari ad aderire
all’Onaosi viene promulgata nel 1901 su iniziativa del deputato
perugino Cesare Fani. [L. 7 luglio 1901 n. 306] «provvedimenti
per il Collegio-convitto per i figli dei Sanitari italiani in Perugina»
, il quale rende obbligatorio il contributo per tutti «i medici
chirurghi, veterinari e farmacisti esercenti nel Regno alle dipendenze
di pubbliche amministrazioni». Nel 1977 in occasione del riordino
degli Enti di beneficenza, le cui funzioni dovevano essere trasferiti
alle Regioni e agli Enti locali, l’Onaosi viene inserita tra
gli enti inutili e rischia la soppressione. Il Decreto Legislativo
nº 509 del 30 giugno 1994 trasforma Onaosi [insieme a Enpaf,
Enpam, Enpav, Cassa degli Avvocati, Cassa dei Notai, Cassa degli
Ingegneri, ecc.] da ente pubblico in fondazione privata. Si giunge
così alla ormai nota finanziaria del 2002 che, senza alcuna
consultazione dei professionisti coinvolti, viene introdotto ed
approvato un emendamento per il 2003 [Legge 289/2002]. In tale legge
all’art. 52 c. 23 si legge: «la lettera dell’articolo
2 della legge 7 luglio 2001, n. 306, e successive modificazioni,
è sostituita dalla seguente legge: il contributo obbligatorio
di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani
dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri e veterinari, nella
misura stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione,
che ne fissa misura e modalità di versamento con regolamenti
soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti ai sensi dell’articolo
3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509».
In questo modo viene reso obbligatoria la contribuzione per tutti
i sanitari italiani. Le polemiche non hanno tardato ad arrivare.
La più intransigente quella dei farmacisti. Il Fofi ha presentato
presso il Tar del Lazio il 31 dicembre 2003 ricorso avverso l’obbligatorietà
del versamento del contributo Onaosi per i farmacisti che non dipendono
dal S.s.n. Il ricorso è stato presentato senza istanza di
sospensione cautelare del provvedimento. Nel frattempo il Sen. Ulivi
ha presentato in data 25 giugno 2003 un Ddl recante chiedendo l’abrogazione
dell’emendamento. Ci si chiede soprattutto:
come un’associazione privata sia riuscita a trasformare un
contributo volontario in un tassa obbligatoria per legge a carico
di alcune categorie di cittadini? Perché gli orfani di genitori
che posseggono una farmacia oppure di Direttori di Clinica Universitaria
devono avere degli aiuti economici previsti dalla Legge, mentre
gli orfani di operai o panettieri no?
Ricordo
di Carmine
Carmine De Caro,
cosa dire di te, caro collega, amico, fratello, collaboratore della
nostra rivista, che troppo giovane ci hai lasciato. La cosa che
prima di tutto mi è venuta in mente è quanto può
essere improvvisa la fine di questa vita terrena. Con te ancora
sognavo un futuro migliore per tutti, ricercavamo le gioie e l’allegria
che sa donare una bella amicizia. Fino a pochi giorni prima parlavamo
di progetti, ambizioni e speranze. Era sereno il tuo volto, pulito
il tuo sguardo.
Un giorno mentre inauguravamo il Reparto di Odontoiatria per disabili
a Cetraro, ho ringraziato tutti quelli che hanno sostenuto questo
progetto tranne te, a cui è bastato rivolgerti uno sguardo.
Il tuo assenso e la tua gioia mi hanno sempre sostenuto e il pensiero
di te mi accompagnerà sempre.
Ciao, amico mio. Eugenio Raimondo
Nobel per la medicina
agli americani Axel e Buck
Il riconoscimento ai due americani per le loro
ricerche sui recettori dell’olfatto e i meccanismi che regolano
il sistema olfattivo
Il premio Nobel per la Medicina
2004 è stato assegnato dall’Assemblea Nobel dell’Istituto
Karolinska di Stoccolma ai due scienziati americani Richard Axel
e Linda B. Buck per la loro scoperta di una grande famiglia di geni,
circa mille, che controllano i recettori dell’olfatto. I due
ricercatori hanno poi proseguito i loro studi fino a chiarire i
meccanismi che guidano il complesso sistema olfattivo, dal livello
molecolare all’organizzazione di quello cellulare. Il lavoro
pubblicato nel 1991 si è soffermato proprio sui geni identificati
che controllano i recettori olfattivi situati sulla superficie delle
cellule.
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