MTM n°15
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 5 - Numero 2 - lug/nov 2006
L'angolo
 


Avv. Nino Marazzita
Avv. Nino Marazzita

Anno 5 Numero 2
lug/nov 2006

L’indulto, quale causa di estinzione della pena previsto dall’art. 174 c.p, costituisce un vero e proprio condono,
in tutto o in parte, della pena inflitta


La legge ha previsto specificatamente i reati rispetto ai quali, appunto per ragioni di allarme sociale, non può applicarsi il beneficio



L'indulto
L’indulto da poco approvato con legge 241 del 31 luglio 2006, è stato oggetto di varie valutazioni tanto da un punto di vista prettamente tecnico, quanto da quello più propriamente politico

dell Avv. Nino Marazzita

quadroInnanzitutto da un punto di vista tecnico-giuuridico occorre evidenziare come l’indulto, quale causa di estinzione della pena previsto dall’art. 174 c.p., costituisca un vero e proprio condono, in tutto o in parte, della pena inflitta.
Nello specifico la legge 241/2006 prevede uno sconto di pena nel limite massimo di 3 anni di pena detentiva e 10 mila Euro di pena pecuniaria, sola o congiunta alla detenzione: questo vuol dire che saranno completamente estinte le pene pari o inferiori a tali limiti, mentre quelle superiori si ridurranno di tali importi. Preciso peraltro come, secondo la legge 241/2006, l’indulto potrà essere applicato solo alle pene relative a reati commessi fino al 2 maggio 2006.
Tale decisione è stata peraltro fortemente criticata in quanto, visto che il provvedimento era da tempo atteso ed annunciato, sarebbe stato forse più prudente, per evitare pericolosi effetti criminogeni, limitare l’estinzione a fatti antecedenti la promulgazione del provvedimento legislativo.
In ogni caso, il problema maggiormente dibattuto in relazione all’indulto riguarda il timore che, come denunciato dalle cronache, il beneficio possa comportare lo sfollamento dalla carceri di soggetti in possesso dei requisiti di legge, ma comunque socialmente pericolosi. A tale proposito si deve evidenziare in primo luogo come questo pericolo sia stato affrontato dalla legge in parola da vari punti di vista.
In primo luogo infatti la legge ha previsto specificatamente i reati rispetto ai quali, appunto per ragioni di allarme sociale, non può applicarsi il beneficio, tra questi vi sono:

  1. associazione mafiosa [art. 416 bis c.p.];

  2. associazione sovversiva [art. 270 c.p.];

  3. associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico [art. 270 bis c.p.];

  4. attentato per finalità terroristiche o di eversione [art. 280 c.p.];

  5. i reati di sfruttamento e pornografia minorile [artt. 600 e ss. c.p.];

  6. i reati di violenza sessuale [artt. 609 e ss. c.p.];

  7. i delitti aggravati dalla finalità di discriminazione razziale, etnica o religiosa;

scarcerazioneIn secondo luogo poi si deve considerare che la concessione dell’indulto non esclude il mantenimento delle misure di sicurezza già applicate, a meno che il beneficio non abbia estinto l’intera pena inflitta e non solo una parte di essa.
Le misure di sicurezza sono quei provvedimenti, detentivi o meno, previsti dalla legge proprio per i soggetti che, oltre ad aver commesso fatti di reato, siano anche socialmente pericolosi; si evidenziano a titolo esemplificativo il ricovero in una casa di cura e di custodia, ovvero la libertà vigilata, il divieto di soggiorno in uno o più Comuni ed altre ancora. Parimenti resta ferma la possibilità, ricorrendone i presupposti, di procedere ad una declaratoria di delinquenza abituale e professionale.
È importante da ultimo sottolineare come l’applicazione dell’indulto sia automatica e consegua di diritto, in presenza delle condizioni oggettivamente presenti, in assenza di alcuna valutazione discrezionale da parte dell’autorità giudiziaria.
Così come opera di diritto la revoca dell’indulto se chi ne abbia usufruito commette -entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero il 1° agosto 2006- un delitto non colposo con condanna a pena detentiva non inferiore ai due anni.
Così come configurato, il provvedimento di clemenza, è stato criticato in quanto, si è detto, costituisce in via indiretta, un mezzo per combattere il sovraffollamento delle carceri. A tal proposito ritengo opportuno evidenziare come il fenomeno del sovraffollamento debba essere combattuto su più fronti: in primo luogo sarebbe necessario intervenire ad ampio spettro piuttosto che con interventi di pura emergenza; non si può infatti ritenere che l’adozione di tali provvedimenti possa sostituire i necessari investimenti di supporto e controllo nonché di edilizia penitenziaria. Solo mediante tali specifici e ragionati interventi infatti si potrebbe parlare di un investimento e non di una mera sanatoria dettata dall’emergenza.