L'indulto
L’indulto da poco approvato con legge 241 del
31 luglio 2006, è stato oggetto di varie valutazioni tanto
da un punto di vista prettamente tecnico, quanto da quello più
propriamente politico
dell Avv. Nino Marazzita
Innanzitutto
da un punto di vista tecnico-giuuridico occorre evidenziare come
l’indulto, quale causa di estinzione della pena previsto dall’art.
174 c.p., costituisca un vero e proprio condono, in tutto o in parte,
della pena inflitta.
Nello specifico la legge 241/2006 prevede uno sconto di pena nel
limite massimo di 3 anni di pena detentiva e 10 mila Euro di pena
pecuniaria, sola o congiunta alla detenzione: questo vuol dire che
saranno completamente estinte le pene pari o inferiori a tali limiti,
mentre quelle superiori si ridurranno di tali importi. Preciso peraltro
come, secondo la legge 241/2006, l’indulto potrà essere
applicato solo alle pene relative a reati commessi fino al 2 maggio
2006.
Tale decisione è stata peraltro fortemente criticata in quanto,
visto che il provvedimento era da tempo atteso ed annunciato, sarebbe
stato forse più prudente, per evitare pericolosi effetti
criminogeni, limitare l’estinzione a fatti antecedenti la
promulgazione del provvedimento legislativo.
In ogni caso, il problema maggiormente dibattuto in relazione all’indulto
riguarda il timore che, come denunciato dalle cronache, il beneficio
possa comportare lo sfollamento dalla carceri di soggetti in possesso
dei requisiti di legge, ma comunque socialmente pericolosi. A tale
proposito si deve evidenziare in primo luogo come questo pericolo
sia stato affrontato dalla legge in parola da vari punti di vista.
In primo luogo infatti la legge ha previsto specificatamente i reati
rispetto ai quali, appunto per ragioni di allarme sociale, non può
applicarsi il beneficio, tra questi vi sono:
associazione mafiosa [art. 416 bis c.p.];
associazione sovversiva [art. 270 c.p.];
associazione con finalità di terrorismo anche internazionale
o di eversione dell’ordine democratico [art. 270 bis c.p.];
attentato per finalità terroristiche o di eversione [art. 280 c.p.];
i reati di sfruttamento e pornografia minorile [artt. 600 e ss.
c.p.];
i reati di violenza sessuale [artt. 609 e ss. c.p.];
i delitti aggravati dalla finalità di discriminazione
razziale, etnica o religiosa;
In
secondo luogo poi si deve considerare che la concessione dell’indulto
non esclude il mantenimento delle misure di sicurezza già
applicate, a meno che il beneficio non abbia estinto l’intera
pena inflitta e non solo una parte di essa.
Le misure di sicurezza sono quei provvedimenti, detentivi o meno,
previsti dalla legge proprio per i soggetti che, oltre ad aver commesso
fatti di reato, siano anche socialmente pericolosi; si evidenziano
a titolo esemplificativo il ricovero in una casa di cura e di custodia,
ovvero la libertà vigilata, il divieto di soggiorno in uno
o più Comuni ed altre ancora. Parimenti resta ferma la possibilità,
ricorrendone i presupposti, di procedere ad una declaratoria di
delinquenza abituale e professionale.
È importante da ultimo sottolineare come l’applicazione
dell’indulto sia automatica e consegua di diritto, in presenza
delle condizioni oggettivamente presenti, in assenza di alcuna valutazione
discrezionale da parte dell’autorità giudiziaria.
Così come opera di diritto la revoca dell’indulto se
chi ne abbia usufruito commette -entro cinque anni dalla data di
entrata in vigore della legge, ovvero il 1° agosto 2006- un
delitto non colposo con condanna a pena detentiva non inferiore
ai due anni.
Così come configurato, il provvedimento di clemenza, è
stato criticato in quanto, si è detto, costituisce in via
indiretta, un mezzo per combattere il sovraffollamento delle carceri.
A tal proposito ritengo opportuno evidenziare come il fenomeno del
sovraffollamento debba essere combattuto su più fronti: in
primo luogo sarebbe necessario intervenire ad ampio spettro piuttosto
che con interventi di pura emergenza; non si può infatti
ritenere che l’adozione di tali provvedimenti possa sostituire
i necessari investimenti di supporto e controllo nonché di
edilizia penitenziaria. Solo mediante tali specifici e ragionati
interventi infatti si potrebbe parlare di un investimento e non
di una mera sanatoria dettata dall’emergenza.
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