MTM n°18
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 6 - Numero 3 - ott/dic 2007
L’angolo
 


Antonio Di Majo
Antonio Di Majo
Prof. Ord. Di Scienza delle finanze.
Università di Roma Tre


Anno 6 - Numero 3
ott/dic 2007

 

Alcune variabili dovrebbero aiutare a comprendere attraverso l’utilizzo di tecniche econometriche, le differenze esistenti nelle spese farmaceutiche regionali pro capite, che nel 2003 andavano da un minimo di 113 a un massimo di 292 euro


Un particolare rilievo ha ormai assunto la spesa farmaceutica; nell’ultimo decennio i suoi ritmi di incremento, nei paesi europei , sono stati molto elevati fino a portarla, ad esempio in Spagna al 22 per cento della spesa sanitaria complessiva [circa il 13 % in Italia]




La spesa sanitaria in Italia

di Antonio Di Majo

medicinaliIn tutti i paesi sviluppati la spesa sanitaria assorbe una parte rilevante di risorse; varie cause spiegano inoltre la sua sensibile dinamica degli ultimi due decenni. D’altro canto, le difficoltà in cui versano le finanze pubbliche di molti paesi hanno spinto e spingono verso la ricerca di limitazioni alla crescita della spesa sanitaria pubblica. Nel suo ambito un particolare rilievo ha ormai assunto la spesa farmaceutica; nell’ultimo decennio i suoi ritmi di incremento, nei paesi europei, sono stati molto elevati fino a portarla, ad esempio in Spagna al 22 per cento della spesa sanitaria complessiva [circa il 13 % in Italia].
Le differenti situazioni dei vari paesi trovano spiegazione nel diverso peso assunto dalle molteplici determinanti di questa spesa, le principali tra le quali vengono individuate nell’invecchiamento della popolazione, nella numerosità dei medici di base, nel reddito pro capite, nella distribuzione territoriale delle farmacie, nel grado di inurbamento della popolazione, oltre che nelle politiche di partecipazione diretta dell’utente alla spesa e di caratterizzazione delle prescrizioni. È noto che la spesa sanitaria rappresenta in Italia il finanziamento del principale compito attribuito al livello intermedio di governo [le Regioni], che è perciò in larga misura responsabile del suo livello e del suo finanziamento.
Il riferimento a diverse variabili esplicative della distribuzione e dell’andamento della spesa farmaceutica regionale può consentire di individuare le differenze giustificate tra i diversi ambiti territoriali. Uno studio recente [M. Cavalieri, in Economia pubblica, 2007] ha cercato di valutare la relazione tra la spesa farmaceutica regionale pro capite e diverse variabili: il reddito pro-capite, il tasso di mortalità standardizzato [come proxy di un indice di morbilità], il numero di pazienti per medici generici, il numero di pazienti di pediatria di libera scelta, il numero di farmacie per 10 mila abitanti, il valore del ticket pro capite, la spesa pro capite di farmaci soggetti a duplice via di distribuzione [diretta e attraverso le farmacie convenzionate], il numero di dimessi dalle strutture ospedaliere per mille abitanti.
Queste variabili dovrebbero aiutare a comprendere, attraverso l’utilizzo di tecniche econometriche, le differenze esistenti nelle spese farmaceutiche regionali pro capite, che nel 2003 andavano da un minimo di 113 a un massimo di 292 euro.
Per esempio nell’analisi ricordata [cui si rimanda per maggiori dettagli], il peso del reddito pro capite risulta tale che una sua variazione del 10% dovrebbe comportare, nella media italiana, una diminuzione della spesa farmaceutica pro capite del 19% [ in gran parte dovuto alla sostituzione di spesa pubblica con spesa privata]. Ma il risultato più interessante è quello relativo non alle differenze spiegabili statisticamente, ma al “residuo” non collegabile alle variabili strutturali. Da questo punto di vista è interessante osservare che lo scarto della spesa, rispetto al livello giustificato, è pari al +18.5 % nella media di tutte le ASL del Lazio, al +13% nella media dell’80% delle ASL della Liguria , ecc.. La diffusa presenza di scarti [positivi e negativi] rispetto ai valori attesi non può essere interamente considerato un indicatore di maggiore o minore efficienza nell’uso delle risorse disponibili [data la necessariamente limitata attendibilità delle stime], ma certamente rappresenta un indizio nella direzione della ricerca di innovazioni e miglioramenti organizzativi per quelle Regioni in cui lo “scarto” è piuttosto rilevante. D’altro canto i dati più recenti sulla spesa farmaceutica pubblica mostrano che nei primi mesi del 2007 nel Lazio ne è stata realizzata la maggiore diminuzione [rispetto all’anno precedente], pari al 14.3% [contro l’8,1% nella media nazionale]. Evidentemente le stime econometriche avevano correttamente segnalato la opportunità di interventi, principalmente in una regione, come il Lazio, in cui i valori della spesa erano significativamente superiori a quelli spiegabili con variabili strutturali di riferimento, consentendo un innalzamento dei livelli di efficienza della spesa sanitaria e un’attenuazione dei problemi delle finanze pubbliche.