RAPPORTO 2011 SU POVERTÀ
ED ESCLUSIONE SOCIALE
I nuovi fenomeni di difficoltà economica che coinvolgono il nostro Paese
a cura di Walter Nanni Ufficio Studi Caritas italiana
L'XI RAPPORTO DI CARITAS ITALIANA e
Fondazione "E. Zancan" su povertà
ed esclusione sociale in Italia, intitolato
Poveri di diritti, (Il Mulino, 2011) si sofferma
sui nuovi fenomeni di difficoltà economica che coinvolgono
il nostro paese, a partire dai recenti sviluppi
della crisi economico-finanziaria che interessa gran
parte dei paesi a economia avanzata. Il rapporto è
stato presentato il 17 ottobre 2011. In questa sede riportiamo
alcuni dei contenuti principali.
Il Rapporto è diviso in due parti. La prima parte, curata
dalla Fondazione Zancan, approfondisce il tema delle
politiche di contrasto della povertà economica ed offre
una serie di proposte concrete.
La seconda parte, curata da Caritas Italiana, si sofferma
sul ruolo svolto dalla Chiesa nel contrasto della povertà
economica. Tale ruolo si sviluppa attraverso azioni di
studio, animazione, promozione e assistenza alle persone
e famiglie in difficoltà. Nel testo vengono descritte,
con dati aggiornati, le nuove tendenze
di impoverimento della società
italiana, secondo l'esperienza
della Caritas.
Nuove presenze nei Centri di Ascolto Caritas
In continuità con il Rapporto del 2010, le Caritas diocesane
continuano a segnalare un progressivo aumento
del numero di persone che si presentano ai Centri di
Ascolto (CdA) e ai servizi Caritas.
In base ad una rilevazione su un campione di 195
Centri di Ascolto, ubicati presso 15 regioni civili, si apprende
che nel corso degli ultimi 4 anni (2007-2010),
il numero di persone ascoltate è aumentato del 19,8%.
L'aumento più elevato si registra nel Sud Italia (+69,3%).
L'aumento di minore intensità si registra invece nei
Centri di Ascolto del Nord-Est (+3,8%).
Al primo posto figurano i problemi di povertà economica,
seguiti dai problemi di occupazione, i problemi
abitativi e, al quarto posto, i problemi familiari.
Forte l'aumento degli utenti italiani: rispetto al valore
base del 2007, si registra un incremento complessivo
pari al 42,5% (tra gli stranieri l'incremento è pari al
13,9%). Più evidente l'aumento degli italiani nelle
regioni del Sud (+58,2%) e del Centro
(+45,2%), dove gli stranieri fanno
addirittura registrare una lieve
diminuzione (-2%).
Cambia il volto della povertà
Povertà a "banda larga"
Il raggio di azione della povertà economica si sta progressivamente
allargando, e coinvolge un numero
crescente di persone e famiglie tradizionalmente
estranee al fenomeno. Indicatori di tale trasformazione
sono il forte aumento dell'afflusso di cittadini italiani
ai servizi Caritas e il fatto che la povertà colpisce un
numero crescente di persone in possesso di elevati
titoli di studio, con buone capacità professionali. Si
tratta comunque di nuclei familiari che, anche nelle
fasi di vita più favorevoli, possono contare su un
reddito che non si posiziona molto al di sopra della
soglia di povertà.
Povertà oscillanti e famiglie dell'elastico corto
Per le nuove famiglie povere, la povertà non è sempre
cronica, ma rappresenta una situazione episodica del
proprio percorso biografico. Non è il prodotto di
processi di esclusione sociale irreversibili, ma di un
più generale modo di vivere, di una instabilità delle
relazioni sociali, di una precarietà che coinvolge il
lavoro, le relazioni familiari e l'insufficienza del sistema
di welfare.
Una famiglia sempre più colpita dagli eventi
Le nuove situazioni di povertà che si affacciano ai
Centri coinvolgono pesantemente l'intero nucleo familiare:
tutti i membri della famiglia si trovano a
vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di
sofferenza, anche se le donne e le nuove generazioni
si trovano a pagare il prezzo più elevato. La nuova povertà
genera inoltre nuovi tipi di conflittualità. Un
esempio è quello che avviene nelle cosiddette famiglie
"neo-ricomposte": nuclei familiari che si sono ricostituiti
"forzatamente" in seguito ad alcuni eventi-trauma
(separazioni, difficoltà economiche, lutti, necessità di
accudimento e assistenza dei soggetti deboli, ecc.).
Precarietà e lavoro nero: fenomeno crescente, poche risposte
La crisi ha prodotto un notevole incremento dei fenomeni
di sottoccupazione e lavoro nero, aggravando
una serie di aspetti negativi della flessibilità del lavoro,
già segnalati in precedenti edizioni del Rapporto. L'aumento
di tali fenomeni è particolarmente evidente in
certi settori (ad esempio nell'assistenza agli anziani),
e colpisce in prevalenza determinati target sociali,
particolarmente vulnerabili: gli immigrati, le donne,
le persone diversamente abili, ecc.
Negli ultimi mesi, alcuni Centri
hanno cominciato addirittura a registrare
una riduzione di offerta di
lavoro anche nell'ambito del mercato
nero e sommerso.
Aumenta, tra le persone aiutate
dalla Caritas, l'incidenza di disoccupazione
di lunga durata, soprattutto
tra gli italiani, mentre tra gli
stranieri si osserva una maggiore propensione ad alternare
periodi di disoccupazione (o condizione di precarietà
occupazionale) a periodi di occupazione regolare,
soprattutto nell'ambito del lavoro domestico.
La grave marginalità e il persistere del bisogno materiale
Nel corso degli ultimi 4-5 anni, sono fortemente aumentate
le situazioni di povertà materiale incontrate
dalla Caritas: a livello nazionale, nel 2004, il 75% dei
problemi si riferiva a bisogni di carattere primario e
strutturale (bisogni abitativi, alimentari, economici,
sanitari, ecc.). Nel 2010, 6 anni dopo, tale valore raggiunge
la quota dell'81,9%, mentre le problematiche
post-materiali (disagio psicologico, dipendenze, conflittualità
relazionale, ecc.), scivolano su valori più
bassi di incidenza (dal 25 al 18,1%).
Il progressivo peggioramento della situazione economica
ha determinato lo scivolamento nell'indigenza
per un gran numero di persone e di situazioni "a
rischio" di povertà: il fenomeno è confermato dal progressivo
aumento di persone senza dimora sul totale
delle persone prese in carico. Viene inoltre segnalato
in aumento il fenomeno della mendicità su strada e
in luoghi aperti al pubblico, soprattutto ad opera di
soggetti di provenienza straniera, spesso vittime di
tratta e traffico di esseri umani.
Una nuova emergenza abitativa
Nelle biografie delle persone prese
in carico dai Centri di Ascolto, il
"problema casa" si sta connotando
nei termini di vera e propria "emergenza
abitativa", aggravata dalla
scarse risposte al problema messe
in atto dalle amministrazioni centrali e locali. Un utente Caritas su quattro ha gravi
problemi abitativi. Nel corso degli ultimi 4 anni, i problemi
abitativi sono aumentati del 23,6%. La nuova
povertà economica colpisce anche i proprietari di abitazione
e coloro che stanno pagando un mutuo. Appare
tuttavia di particolare gravità la situazione delle famiglie
in affitto, che devono sostenere canoni elevati e vivono
spesso situazioni di precarietà abitativa, assenza di
cornice contrattuale, condizioni di sovraffollamento e
di relativa conflittualità intrafamiliare, ecc.
La "nuova" povertà degli stranieri
La crisi economica ha colpito duramente gli immigrati,
determinando gravi situazioni di impoverimento, di
cambiamento/ripensamento dei progetti migratori,
di rottura e separazione fisica dei nuclei, di crescente
conflittualità familiare e intergenerazionale, ecc.
All'interno dei servizi Caritas sono in aumento gli immigrati
con permesso di soggiorno regolare e i coniugati,
che vivono con la propria famiglia al seguito. In alcuni
contesti territoriali, il numero di stranieri coniugati
risulta superiore a quello degli italiani nella medesima
condizione.
Inoltre, si sta diffondendo la povertà anche nei contesti
di vecchia immigrazione, con particolare riguardo alla
situazione delle famiglie che sono riuscite a riunificare
il proprio nucleo: in questo caso, le nuove esigenze
familiari (le spese scolastiche, la necessità di un'abitazione
più ampia, ecc.) suscitano nuovi disagi anche
in chi è arrivato da molto tempo.
Una difficile presa in carico istituzionale
Rispetto alle istanze provenienti dalle nuove forme di
vulnerabilità e povertà economica, le risorse istituzionali
appaiono inadeguate. Vecchie e nuove misure si sovrappongono,
al punto che appare molto difficile ricostruire
la mappa delle opportunità nazionali e locali,
disponibili per una famiglia in difficoltà. Si pensi che
nel complesso, nel nostro paese, esistono più di 30
misure di sostegno al reddito familiare, promosse
quasi tutte da istituzioni pubbliche locali o nazionali.
Ulteriori problemi sono rappresentati dal fatto che, in
molti casi, le istituzioni e il volontariato navigano su
binari paralleli, sviluppando percorsi di presa in carico
che non comunicano tra di loro. La situazione è
aggravata dalla presenza di vincoli burocratici e amministrativi,
che ostacolano la presa in carico di varie
categorie di soggetti formalmente "non assistibili", per
assenza o superamento dei requisiti reddituali, sociali
o anagrafici. Va rilevata inoltre la presenza di prassi di
intervento diversificate dei vari enti locali e nazionali,
che non consente di ricondurre ad una regia comune i
diversi interventi. Appare infine evidente la difficoltà
dell'ente pubblico ad attuare risposte veloci e adeguate,
in situazioni di crisi ed emergenza socio-assistenziale.
Alcune possibili proposte
Alla luce della scarsa efficacia delle attuali misure di
lotta alla povertà, appare opportuno evitare trasferimenti
economici standardizzati e universalistici, di tipo burocratico,
che non prevedono la responsabilizzazione
dei diretti interessati. E' invece auspicabile privilegiare
misure che prevedano accordi consensuali, basati su
progetti personalizzati di inserimento sociale. Sono
inoltre necessarie strategie di welfare globali, non
basate su singole misure ma su un insieme progettuale
di interventi: aiuti economici diretti, riduzione dei
costi per l'accesso ai servizi locali, agevolazioni tariffarie,
inclusione in programmi di inserimento lavorativo e
sociale che presuppongono un impegno attivo da
parte dell'interessato, ecc.
Un ulteriore modalità di intervento nel settore della
povertà economica consiste nell'aumentare il "rendimento"
socio-economico e professionale degli interventi,
promuovendo dei modelli di welfare in grado di
"professionalizzare" l'aiuto finora offerto in forma di
solidarietà informale, da parte di familiari e altri
soggetti. Le possibili fonti di finanziamento, utili per
sostenere tale lavoro professionalizzato di cura, sono
state già indicate nei precedenti rapporti e riguardano
i 17-18 miliardi di euro attualmente destinati a indennità
di accompagnamento e assegni al nucleo familiare.
In coerenza con le tendenze di trasformazione federalistica
dell'organizzazione statale, va inoltre sollecitata
l'attuazione di piani regionali di contrasto della povertà
economica, con forte collaborazione e centralità delle
amministrazioni comunali, più vicine alla dimensione
dei bisogni delle famiglie. Va lamentato tuttavia, a
questo riguardo, il ritardo nella definizione dei livelli
essenziali di assistenza, compito dell'amministrazione
centrale, e anche il progressivo taglio del fondo nazionale
delle politiche sociali, che determinerà nei prossimi
anni un progressivo impoverimento di risorse degli
enti locali.
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